video suggerito
video suggerito

Aniello Arena: “Non mi vedevo detenuto anche prima del successo di Reality” (VIDEO)

Videointervista nel cortile del carcere di Volterra a Aniello Arena, detenuto-attore della Compagnia della Fortezza e protagonista del film di Matteo Garrone “Reality”.
A cura di Andrea Esposito
63 CONDIVISIONI
Video thumbnail
Immagine

Abbiamo incontrato Aniello Arena nel carcere di Volterra, una Fortezza Medicea che domina la rocca della città, immersa nella campagna toscana tra le provincie di Pisa e Siena. Qui ogni anno si tiene il festival teatrale “Volterrateatro”, giunto quest’anno alla ventottesima edizione, diretto dal regista Armando Punzo che alcuni mesi fa ha raccontato ai microfoni di Fanpage.it la sua lunga esperienza di teatro in carcere. Quest’anno la “Compagnia della Fortezza”, così si chiama il gruppo costituito da Punzo e di cui fanno parte molti detenuti del carcere, ha portato in scena lo spettacolo “Santo Genet” (guarda il video dello spettacolo), dai testi del drammaturgo francese Jean Genet. Grazie all’autorità carceraria di Volterra abbiamo potuto intervistare Arena nel cortile del penitenziario, per farci raccontare i suoi dodici anni con la Compagnia e la sua esperienza cinematografica con Matteo Garrone. Arena, infatti, ha interpretato il pescivendolo Luciano nel film “Reality”, ruolo che gli valso anche un Nastro d’Argento come miglior attore protagonista. Ma Arena ci ha anche raccontato la sua conversione “sono un uomo completamente diverso, mi sono lasciato tutto alle spalle, io sono un detenuto, sconto la mia pena, ma attraverso il teatro mi trasformo, vivo attraverso i personaggi. Ormai già da qualche anno vivo pensando che è il corpo che la sera torna in carcere, ma non la mente”.

Biografia di un condannato

Aniello Arena era un soldato di camorra. Uno di quelli che sparano a comando. Era affiliato al clan Nemolato-Minichini che all’inizio degli anni ’90 governava la zona di Barra e San Giovanni. L’8 gennaio del 1991 prese parte al commando che uccise tre uomini del gruppo dei fratelli Liberti. Fu chiamata: “La strage delle Crocelle”, dal nome dell’omonima piazza. Triplice omicidio, più un paio di proiettili vaganti che ferirono un bambino di soli otto anni. Ma a farne le spese anche una donna anziana che, affacciata al suo balcone, vide l’intera scena e morì di crepacuore. Aniello Arena allora aveva ventiquattro anni, non pochi per uno che fa una vita simile. Qualcosa però quel giorno andò storto, uno dei fratelli Liberti riuscì a sfuggire alla furia dei killer e poté così identificare i membri del gruppo di fuoco che furono tutti arrestati, tranne Arena, che rimase latitante fino alla fine dell’anno, quando, tradito come molti dalle festività natalizie, si fece beccare a casa di un parente nel bel mezzo del cosiddetto “cenone”. Fu processato nel 1996 e condannato all’ergastolo, o come si dice nel gergo burocratico carcerario: “fine pena mai”.

Il successo con “Reality”

Si è saputo solo dopo, ma pare che Matteo Garrone volesse Aniello Arena già in “Gomorra”. A quell’epoca però il detenuto-attore non aveva ancora maturato i permessi sufficienti a girare un film (attualmente Arena è in regime di articolo 21, vale a dire, esce ogni mattina dal carcere per recarsi a lavoro e fa rientro la sera). Quando finalmente ci è riuscito, Garrone gli ha affidato il personaggio di Luciano, protagonista di “Reality”, un pescivendolo della provincia di Napoli fatalmente attratto dal sogno di partecipare al “Grande Fratello”. Il film presentato nel maggio 2012 al Festival di Cannes, e uscito in sala in settembre, ottenne il “Grand Prix Speciale della Giuria” e una lunga sfilza di premi tra cui: tre David di Donatello, tre Nastri d’argento, di cui uno ad Aniello Arena come miglior attore protagonista; tre ciak d’oro e un numero doppio se non triplo di nomination. “Da quel momento – ci ha raccontato Arena – sono stato catapultato in un'altra dimensione! Mi hanno iniziato a invitare dappertutto, pure al programma di Fabio Fazio, “Che tempo che fa”. Avrei potuto facilmente perdere la testa, ma io sono uno con i piedi per terra. Certo – prosegue Arena – la soddisfazione personale è stata incredibile e anche il fatto che questo mio successo ha acceso un faro molto forte sulla Compagnia della Fortezza di Armando Punzo, di cui sono un veterano e che da oltre dodici anni mi permette di fare teatro e persino di andare in tournée”. Arena però non poté sfilare come i suoi colleghi sulla croisette di Cannes, né presenziare alla cerimonia di premiazione: “Quando il film fu presentato a Cannes – riprende Arena – molti si chiesero come mai il protagonista non fosse presente. A quel punto Matteo (Garrone), ha resistito il più possibile per non dire che ero un ergastolano, ma quando non poté più farne a meno e lo disse, tutti rimasero a bocca aperta chiedendosi ‘come è possibile che un detenuto faccia un’interpretazione simile?’

Il libro: “L’aria è ottima (quando riesce a passare)”

Nel 2013 Rizzoli ha pubblicato il libro-confessione di Aniello Arena, scritto a quattro mani con Maria Cristina Olati, dal titolo “L’aria è ottima (quando riesce a passare). Io, attore, fine-pena-mai”. Nel volume Arena racconta la sua esperienza di detenuto-attore e l’incontro che gli ha cambiato la vita: quello con Armando Punzo e la sua “Compagnia della Fortezza”. “Arrivo a Volterra che è novembre – scrive Arena nel libro – è sera e fa un freddo cane. Dal cellulare blindato, il Ducato, non vedo niente e mi è venuto il mal di stomaco per le curve. Volterra è proprio ‘ncopp’ a ‘na muntagna. Maronna mia, ma dove mi stanno portando, in un carcere sperduto d’o Pataterno. Non sapevo che proprio lì, ‘ncopp’ a ‘na muntagna, sarei rinato.

63 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views