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De Sica su La Grande Bellezza: “Bello, preferivo meno suore e più Sabrina”

Il suo spettacolo fa sold out in tutta Italia e un De Sica a tutto tondo parla di politica (il suo voto a Grillo), la poca simpatia artistica per Crozza e Albanese e, pur elogiando il suo genio, non risparmia il regista premio Oscar di una critica…
A cura di A. P.
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E' un Christian De Sica a tutto tondo quello che, in un'intervista concessa a L'Espresso, parla del suo spettacolo con cui sta girando l'Italia, "Cinecittà", che continua a registrare sold out al sud come al nord. Parla della città del cinema di Roma così come l'attuale situazione del cinema nostrano, ancora costretto a veder alternarsi luci e ombre, dall'Oscar alla decadenza stessa di Cinecittà: "Ancora bellissima, qualche buca, ma si aggiusterà. Certo se rifacessero il manto stradale che ogni volta che ci vado me se sgarupa tutta la macchina, sarebbe meglio. Ma chi ci lavora più ormai? Solo mio cognato Carlo che c’ha girato un film per ben ventidue settimane ("Sotto una buona stella", ndr)". Ma per De Sica la crisi del cinema va analizzata da un punto di vista decisamente diverso:

La prima causa di crisi del nostro cinema sono gli americani. Ci hanno costretto a doppiare i loro film, ma non hanno mai doppiato i nostri. Per cui i nostri film possono arrivare al massimo in qualche sala al centro di New York o Los Angeles, ma a Memphis non ci arriveremo mai. Mentre i loro film vanno pure a Ficulle. Eppure “Scary Movie” mica è meglio di “Vacanze di Natale”. È la stessa cosa. Anzi…Noi sappiamo far ridere più di loro, ma abbiamo produttori che non rischiano mai, non spendono, fanno i film con due pezzi di ferro e uno stuzzicadenti e poi vogliono sempre la stessa storia: c’era una volta un quarantenne in crisi, che poi a non cambiare mai nel frattempo è diventato sessantenne. Sempre in crisi. Ma se in Italia uno come me che sa ballare e cantare, fosse andato da un produttore a dire: “Voglio fare un musical, muto, in bianco e nero”, gli avrebbero tirato una scarpa in faccia. E invece i francesi ci hanno vinto l’Oscar. E allora la colpa è pure della critica, la cosiddetta “intellighentia”. Rossellini diceva: “È nata una nuova tipologia di stronzo: il teorico di cinema”. Gente che il cinema comico lo ha sempre bistrattato. Per mio padre è stato molto più difficile fare il maresciallo di “Pane e amore…” che “Ladri di biciclette”. Ma per questo ha sempre pagato un prezzo. Rossellini, il puro, veniva chiamato “le cher maître”, De Sica invece era macchiato dal peccato originale della comicità

La critica principale a De Sica viene fatta rispetto a quella stigmate dei cinepanettoni, che macchierebbe la sua carriera ma che lui non rinnega assolutamente, anzi li ritiene condizione indispensabile per l'ascesa in carriera:

Hanno fatto guadagnare miliardi al cinema italiano e se oggi sono circondato dall’affetto del pubblico è grazie a quei film. Ma pensa davvero che se non ci fossero stati, io avrei potuto avere a disposizione teatri da tremila posti e riempirli? Pensa che Mondadori mi avrebbe lo stesso pubblicato un libro di ricordi? E che mettevo in piedi ’sto elefante de musical con quaranta persone? Se per strada i giovani mi tirano per la giacca “A zi’ Cri se famo ’na foto?” lo devo ai film di Natale. E poi mi lasci dire: i cinepanettoni sono spesso i migliori interpreti del Paese. Il ritratto fedele della nostra borghesia anni Ottanta e Novanta. Il film comico è la statua di Pasquino, ha la verità sotto il sedere. Hanno lasciato il segno più i film di Bombolo che quelli di Citto Maselli. Dei “Delfini” non ti ricordi niente ma “Vacanze di Natale” lo sanno a memoria. Come quando sono a letto con il maestro di sci. Entrano i miei genitori e mi’ padre dice “Pure un figlio frocio!». E io: «Frocio papà? Moderno

Il figlio d'arte adora Zalone, la sua capacità di essere politicamente scorretto, fare ciò che il comico dovrebbe fare, ovvero sovvertire le regole, far scompisciare il pubblico in sala, cosa che non fanno colleghi come Crozza e Albanese: "Bravi, ma non mi fanno ridere. Per sentire la risata del pubblico bisogna essere scorretti davvero e non averne paura. I giovani da Francesco Mandelli a Paolo Ruffini sono bravissimi ma hanno troppa paura di essere scorretti. Non vogliono far sganasciare il pubblico, vogliono vincere il David di Donatello". Poi non nega la sua preferenza politica per Beppe Grillo "che non mi fa ridere" sottolinea, ma che ha votato alle ultime elezioni: "’Ho votato. Non per convinzione politica, ma non avevo mai votato in vita mia perché avevo la cittadinanza francese. Era la mia prima volta e ho votato lui, gli altri mi facevano tutti paura". E non risparmia critiche alla televisione, la cattiva maestra che lui ritiene il vero motivo di sfascio per questo paese:

Più che la politica l’ha rovinato la televisione, i talk show, le veline, gli strilli, le liti, il danno che hanno fatto trasmissioni come “Non è la Rai”, quelli che hanno illuso ragazzini e ragazzine che si può diventare famosi senza far fatica, senza vedere un film, senza leggere un libro. Hanno strappato generazioni dai cineclub e dalle osterie per consegnarli all’happy hour. Ma ai tempi miei chi l’ha mai preso un aperitivo! Questi invece so tutti ’mbriachi, strade piene di birre. Sono smarriti, pensa che vuoto e che paura hanno

Infine, vista la tradizione familiare e una certa "esperienza" in merito, non poteva mancare un suo parere su "La Grande Bellezza" e il successo di settimana scorsa di Paolo Sorrentino (ospite di Fazio ha risposto così alle critiche), che ammira molto ma al quale non perdona di aver lesinato sull'utilizzo dell'amica Sabrina Ferilli: "Felice. È un schiaffo di vitalità per tutto il nostro cinema. E poi pieno di immagini: le strisce di cocaina e le strisce degli aerei nel cielo, un vero visionario Sorrentino. Che film! Certo ci avrei messo meno suore, meno giraffe e più Sabrina, che è fantastica. Riesce a non fare la mignotta, ma una disgraziata che sbaglia pure il vestito per la festa del generone".

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