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Draquila: Sabina Guzzanti, il terremoto dell’Aquila e il vampirismo italico

Arriva nelle sale lo sconvolgente documentario di Sabina Guzzanti, dedicato alla tragedia dell’Aquila, e a tutto quello che ne è seguito.
A cura di Alessio Gradogna
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Sabina Guzzanti in Draquila, il terremoto dell'Aquila

Esce questo weekend nei cinema italiani Draquila – L'Italia che trema, il nuovo documentario diretto e realizzato da Sabina Guzzanti, che sicuramente farà parlare di sé, e che sarà proiettato fuori concorso anche nell'imminente Festival di Cannes (che sarà aperto da Robin Hood di Ridley Scott, e che vedrà l'Italia in concorso con Daniele Luchetti, il quale ha anche appena proposto una nuova idea per la distribuzione dei film via web). Dunque, cinque anni dopo Viva Zapatero, la Guzzanti torna al doc di denuncia sociale e politica, sfidando le censure del sistema per dare voce al malcontento e alle ingiustizie perpetrate dall'attuale classe dirigente nostrana.

Nella sua ora di mezza di durata, Draquila analizza tutto ciò che è avvenuto dal terribile terremoto che ha devastato L'Aquila in poi, facendoci scoprire verità spiacevoli che finora erano sempre rimaste nascoste, sepolte nella copertura mediatica. Una tragedia che si sarebbe potuta evitare, e che in qualche modo era già stata prevista, anche se gli abitanti della città erano stati tranquillizzati fino a pochi giorni prima del disastro. Poi il cataclisma, e tutta la sofferenza che ne è seguita, e che ancora oggi è ben lontana dal concludersi.

La Guzzanti mette sul piatto le evidenti colpe del capo della Protezione Civile Bertolaso, le ingenti quantità di soldi mangiate e buttate via per una ricostruzione che procede in maniera lentissima, l'inedia di famiglie sfollate e costrette a vivere nel disagio senza più una vera casa in cui stare, la militarizzazione della zona, il vampirismo tipicamente italico grazie al quale succhiare il sangue e la vita stessa dalle anime di chi già ha subito ferite insanabili, e le ingiustizie messe sotto silenzio grazie alla connivenza delle istituzioni.

Un documentario intelligente, forte, a suo modo sconvolgente, girato con uno stile per certi versi vicino a Michael Moore, ma anche con una decisa visione personale. Va da sé che la distribuzione nei cinema sarà il più possibile limitata, e che in Tv non lo vedremo mai.

Alessio Gradogna

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