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I 70 anni di Stephen King nei 7 migliori film tratti dai suoi romanzi

Il re della letteratura fantastica e horror, il 21 settembre, compie 70 anni. Le opere di Stephen King sono state trasposte per il grande schermo dai migliori registi del mondo e, il 19 ottobre, potremo vedere anche il film “It”, con protagonista il clown demoniaco reso celebre dalla serie degli anni ’90. Nell’attesa, ecco 7 assoluti capolavori tratti dai suoi libri che sono diventati cult immortali.
A cura di Ciro Brandi
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Il re assoluto della letteratura fantastica e horror, il 21 settembre, compie 70 anni. Da “Carrie”(1974) in poi,  il pluripremiato Stephen King ha pubblicato più di 80 opere, vendendo centinaia di milioni di copie in tutto il mondo. Tantissimi suoi scritti, nel corso degli anni, sono stati trasposti sul grande schermo da grandissimi registi come Brian De Palma, Stanley Kubrick, Frank Darabont, Rob Reiner e, virando dal dramma al thriller, dal fantasy all’horror, sempre con assoluta maestria e catalizzando l’attenzione di milioni di spettatori, affascinati dalle sue trame originali e dai personaggi che sono entrati nella storia delle letteratura e del cinema. Per festeggiare alla grande, il prossimo 19 ottobre uscirà nelle sale l’attesissimo film “It”, tratto dall’omonima opera del 1986 e già portata in televisione nel 1990, quando la miniserie con protagonista il clown demoniaco conquistava il pubblico di tutto il mondo. In attesa di vederlo al cinema e per omaggiare come si deve il genio di King, ecco 7 film tratti da suoi altrettanti romanzi che dovete assolutamente vedere o recuperare.

“Carrie – Lo sguardo di Satana”(1976), di Brian De Palma

Brian De Palma fiutò il grande potenziale del romanzo “Carrie”, di Stephen King, pubblicato nel 1974, e decise di trasporlo per il grande schermo, raccontando quindi la storia di Carrie White (Sissy Spacek), una ragazza che ha ricevuto dalla madre Margaret (Piper Laurie) un'educazione religiosa bigotta e severa. A scuola tutti la deridono, tranne Sue (Amy Irving) che convince il suo ragazzo ad accompagnare Carrie alla festa di fine anno. I due vengono eletti coppia regina della serata, ma un terribile scherzo della malvagia e popolare Chris (Nancy Allen) scatena la vendetta di Carrie, che nel suo passaggio all'adolescenza ha acquisito poteri paranormali. De Palma affidò la sceneggiatura a Lawrence D. Cohen e, anche se si discosta in alcuni punti dal romanzo originale (più che altro per esigenze cinematografiche), il regista cercò di mantenerne intatti l’angoscia, i simboli, i messaggi e il terrore. Contando sull’incredibile bravura delle attrici principali – Sissy Spacek, Piper Laurie e Amy Irving – la sua versione per il grande schermo ci fa vivere al 100% il senso di disagio, emarginazione e la successiva rivalsa della protagonista, che non vorrà più dominare i propri poteri. Capolavoro del genere, con un finale a sorpresa che ha fatto storia.

“Shining”(1980), di Stanley Kubrick

Qualche anno fa, il sito Play.com, tramite un sondaggio, lo ha definito “il film più pauroso di sempre”. Tratto dal romanzo “The Shining”, del 1977, il film diretto da Stanley Kubrick racconta la storia di Jack Torrance (Jack Nicholson), un uomo che accetta il lavoro di custode invernale di un albergo tra le montagne per scrivere, nella pace più totale, il suo romanzo. Con lui, ci sono la moglie Wendy (Shelley Duval) e il figlio Danny (Danny Lloyd), ma proprio quest’ultimo ha poteri paranormali che gli consentono di vedere il passato e il futuro. Kubrick riesce a trasferire perfettamente sul grande schermo i dualismi tra realtà e allucinazione, sogno e incubo del libro di King, spiazzando lo spettatore con scene cult come quella del triciclo di Danny, l’apparizione delle gemelle Grady (Lisa e Louise Burns) e lo sfondamento della porta con l’accetta da parte del furioso Jack.

“Stand By me – Ricordo di un’estate”(1986), di Rob Reiner

Stand By Me – Ricordo di un’estate” è tratto dal racconto “Il corpo”(“The Body”) della raccolta di novelle “Stagioni diverse”(1982). Il film si apre con il narratore Richard Dreyfuss/Gordie, ormai scrittore affermato, che dopo aver saputo della morte di un suo vecchio e caro amico, ci riporta indietro nel tempo, all’estate del 1959, raccontandoci un episodio che li ha resi più consapevoli e maturi. A Castle Rock, nell’Oregon, i quattro amici – Gordon “Gordie” Lachance (Wil Wheaton), Chris Chambers (River Phoenix), Teddy Duchamp (Corey Feldman) e Vern Tessio (Jerry O’Connell) – 12enni in attesa di andare al liceo, vanno alla ricerca del corpo di Ray Brower, un loro coetaneo scomparso tre giorni prima. Dopo varie peripezie e scontri con i bulli capitanati da Asso Merrill (Kiefer Sutherland), i quattro riescono a trovare il cadavere del bimbo ma, la maturità acquisita durante la ricerca, li spingerà a non vantarsene e a fare solo una telefonata anonima alla polizia. Reiner si distacca in parecchi punti dall’opera iniziale ma riesce a trasferirne perfettamente l’essenza pura e i valori universali dell’amicizia, la maturazione e il senso di gruppo di questo racconto di formazione in cui i protagonisti scopriranno anche le proprie paure e i propri limiti. Un piccolo gioiellino che fu candidato anche a 2 Golden Globe (Miglior film drammatico e Miglior regia) e ad un Oscar per la Migliore sceneggiatura non originale.

“Cimitero vivente”(1989), di Mary Lambert

Per Mary Lambert, partire dal romanzo “Pet Sematary”(1983), già spaventoso di suo, e portare l’angoscia e il terrore al cinema non sarà stato difficilissimo. Tra l’altro, King scrisse di suo pugno anche la sceneggiatura di “Cimitero vivente” narrando, quindi, la storia di Lou Creed (Dale Midkiff) un medico inviato a prestare servizio in una scuola del Maine. L’uomo si trasferirà con la moglie e i due figli e, proprio vicino alla loro casa, c’è un antico cimitero indiano per animali che rende zombi qualsiasi creatura lì sepolta. Ciò succederà al loro gattino, Church e allo stesso figlio di Creed, travolto da un camion. La vita della famiglia si trasformerà in un incubo senza fine. Diventato un cult del genere, il film destabilizza per alcune scene davvero angoscianti e la regia di Mary Lambert è come un magnete che ci porta direttamente nell’incubo vissuto dai Creed senza mai mollarci un minuto. Paura allo stato puro.

“Misery non deve morire”(1990), di Rob Reiner

Reiner, nel 1990, torna nelle sale con “Misery non deve morire”, thriller-horror basato su “Misery”, altro romanzo firmato da King e dato alle stampe nel 1987. La protagonista, stavolta, è Kathy Bates, nei panni di Annie Wilkies, una donna che un giorno soccorre Paul Sheldon (James Caan), scrittore di successo, nonché suo autore del cuore, che stava tornando a casa durante una tormenta di neve. La serie di romanzi di Sheldon ha come eroina Misery Chastain ma lo scrittore è intenzionato a farla morire nella sua ultima opera. “Ospite” a casa di Annie – totalmente impazzita per i suoi libri – dovrà cambiare idea o essere oggetto di torture da parte dell’”infermiera” psicopatica. Per la sua interpretazione folle, delirante, morbosa e agghiacciante, la Bates portò a casa il Golden Globe e l’Oscar come Migliore attrice protagonista e, ad oggi, è uno dei cult indimenticabili di Reiner, adattato anche per il teatro.

“Le ali della libertà”(1994), di Frank Darabont

“Le ali della libertà” (“The Shawshank Redemption”) è tratto dal racconto di Stephen King “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”, pubblicato sempre nella raccolta “Stagioni diverse”. In cabina di regia c’è Frank Darabont e i protagonisti assoluti sono Tim Robbins e Morgan Freeman. La storia è ambientata nel 1946 e al centro degli eventi  c'è Andy (Robbins), un bancario del New England, che viene processato per l'omicidio della moglie e del suo amante.L'uomo viene condannato a un doppio ergastolo e recluso nel penitenziario di Shawshank. All'inizio è vittima delle violenze dei reclusi, poi però diventa il consulente finanziario delle guardie. Scopre così che il direttore falsifica i libri contabili intestando i conti a un certo Randall Stevens. Fuggito di prigione attraverso un tunnel costruito negli anni, Andy assume l'identità di Randall Stevens, denuncia il direttore e va in Messico. Fra le sbarre, Andy stringe amicizia con Ellis Boyd Redding detto Red (Morgan Freeman), che controllava il contrabbando all'interno del carcere e il bibliotecario Brooks Hatlen (James Whitmore) un vecchio ergastolano che incarna la grandezza del cinema americano di una volta. Il finale riserverà una piacevole sorpresa. Nominata a 2 Golden Globe e a 7 premi Oscar, la pellicola suscita sempre le stesse fortissime emozioni e lo farà anche tra 100 anni.

“Il miglio verde”(1999), Frank Darabont

Cinque anni dopo “Le ali della libertà”, Frank Darabont ripesca a piene mani dalla collezione di best-seller di King e porta al cinema “Il miglio verde”, tratto dall’omonimo libro del 1996, vincitore del Premio Bram Stoker. Uno dei film più commoventi in assoluto,  è incentrato sulla storia di Paul Edgecomb (Tom Hanks), un tempo sovrintendente al braccio della morte nel carcere di Cold Mountain e, ad inizio pellicola, ormai anziano, racconta ad un'amica un incontro speciale avvenuto ne "Il miglio verde", l'ala del carcere dove sono rinchiusi i condannati a morte, nel 1935, all'arrivo del gigantesco prigioniero nero John Coffey (Michael Clark Duncan), accusato di aver ucciso dei bambini. Presto, il prigioniero si rivelerà essere una persona dall’animo gentile e dai poteri soprannaturali. La pellicola è stata un successo colossale al botteghino, incassando 286,8 milioni di dollari e ottenne 4 nomination agli Oscar. A stupire la critica e gli spettatori fu soprattutto la performance di Michael Clarke Duncan, deceduto il 3 settembre 2012, a Los Angeles, per un infarto del miocardio, a soli 54 anni.

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