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Roman Polanski, gli Usa rifiutano di archiviare la sua condanna per abusi

Il tribunale di Los Angeles ha respinto la richiesta degli avvocati del regista. La condanna di violenza ai danni di una minorenne rimane, perché da quasi quarant’anni Polanski si sottrae alla giustizia americana e all’estradizione. Un caso che risale ormai al 1977 e sembra non avere fine.
A cura di Valeria Morini
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L'odissea giudiziaria di Roman Polanski è destinata a non avere mai fine. L'attore è lontano dagli Stati Uniti da oltre quarant'anni, poiché sul suo capo pende una condanna di abusi sessuali ai danni di una minorenne. Il reato sarebbe stato commesso nell'ormai lontano 1977: da allora, il regista vive in Europa senza alcuna possibilità di mettere piede sul suolo americano, pena l'immediata carcerazione. Di recente, inoltre, la corte di Los Angeles ha rigettato la richiesta di archiviare definitivamente le accuse, fatta dai legali del regista. Per il momento, quindi, non ci sarebbe alcuna prospettiva di tornare in America da uomo libero.

Polanski ha oggi 81 anni. Polacco trapiantato negli Usa dal 1968, ha regalato nella sua lunga carriera capolavori che hanno fatto la storia del cinema come "Rosemary's Baby", "Chinatown" e "Venere in pelliccia" (il suo film più recente). Ma la sua vita è stata sconvolta anche da terribili episodi, a partire dalla tragica infanzia in Polonia segnata dalle persecuzioni naziste. Nel 1968, è coinvolto in uno degli eventi più cruenti della storia di Hollywod: la moglie Sharon Tate e altre quattro persone vengono sterminate da un gruppo di squilibrati, seguaci del tristemente noto Charles Manson (oggi in prigione proprio per essere stato la mente di quei delitti e altri atti violenti).

Nove anni dopo, a Los Angeles, Polanski viene accusato di "violenza sessuale con l'ausilio di sostanze stupefacenti"  ai danni di una ragazza di tredici anni, che sarebbe avvenuta nella villa di Jack Nicholson. L'accusa viene poi modificata in "rapporto sessuale extramatrimoniale con persona minorenne". Per sottrarsi alla prigione, lui fugge a Londra lasciando per sempre gli Stati Uniti. Essendo cittadino francese, non può essere estradato negli Usa, ma nel 2009 viene nuovamente arrestato in Svizzera, a causa di un mandato di cattura internazionale emanato dalla corte di Los Angeles e passa alcuni mesi agli arresti domiciliari.

Per ironia della sorte, la vittima, Samantha Geimer, ha dichiarato pubblicamente di non avere più alcun risentimento nei confronti del regista, che peraltro ha sempre sostenuto di aver già scontato la condanna (42 giorni passati in carcere nel 1977). Ancora una volta, però, la giustizia americana si è dimostrata irremovibile. Come segnalato dal Los Angeles Times, il giudice della corte James Brandlin ha dichiarato che le accuse non possono essere ritirate, come richiesto dal team di avvocati di Polanski, poiché lui stesso si sta sottraendo alla legge da trentasette anni:

Polanski non ha il diritto di avvalersi del potere di questa corte per far ascoltare le sue richieste, dal momento che continua ad avere un atteggiamento di aperto dispregio nei confronti di un ordinamento giuridico di questo tribunale.

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