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Stallone reagisce alla delusione degli Oscar: “A tutti i Rocky del mondo, non mollate mai”

L’attore reagisce alla Rocky all’Oscar mancato in extremis. Il premio all’attore sarebbe stato la ciliegina sulla torta di una carriera straordinaria per un uomo normale, il trionfo dell’abnegazione e dell’impegno aldilà del talento. Ma l’attore, come è nella sua filosofia, non si arrenderà così facilmente.
A cura di Andrea Parrella
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Sylvester Stallone non ha vinto l'Oscar 2016 come miglior attore protagonista, finito meritatamente nelle mani di Mark Rylance!!! il capitolo finale della saga di Rocky. La vittoria sarebbe stata la ciliegina sulla torta di una carriera e una leggenda, quella di Stallone, che è un'autentica anomalia di sistema ad Hollywood. Se pensiamo all'attore italo-americano, a primo impatto, si sorride. I suoi ruoli nella storia del cinema non sono lo specchio della raffinatezza, impregnati di machismo, azione, muscoli e olio. Tutto fuorché roba da palati fini, lontano anni luce dall'intellettualismo che, pur non avendo sempre la meglio ai botteghini, ha sempre avuto uno spazio riservato in occasione di premi come gli Academy Awards. E Stallone questo preconcetto l'ha completamente ribaltato. C'era riuscito quasi 40 anni fa, quando nel 1977 riuscì a portare il suo Rocky a vincere l'Oscar come miglior film, facendo sì che la storia dello Stallone Italiano, l'eroe atipico che dal basso sale sul tetto del mondo tenendo testa al pugile più forte con la resistenza e la forza d'animo, più che con il talento e l'abilità, diventasse paradigma di qualcosa che agli Oscar non sarebbe quasi più accaduto. Basta un dato per capire l'entità del miracolo di quell'anno, concorrenti di Rocky erano due filmetti, buttati lì casualmente: Taxy Driver e Tutti gli uomini del presidente.

La favola incompleta di Sylvester Stallone

L'Oscar del 2016 non avrebbe suggellato solo la saga di Rocky, ma sarebbe stato il completamento della straordinaria carriera di un normale qualsiasi. Una normalità sincera, palese in ogni manifestazione pubblica di Stallone, che sembra non aver mai dimenticato quale sia stata la chiave di tutto il suo percorso artistico, la tenacia che non l'ha mai abbandonato. Per spiegarla meglio basta dire gli occhi della tigre, perché Rocky è Stallone, perché Stallone è Rocky. Il pugile rappresenta un topos, un tipo umano in cui tanti hanno trovato se stessi, pugni e sudore a parte. Quando nel '77 l'attore fu chiamato a commentare sul palco la vittoria inattesa dell'Oscar come miglior film si limitò a dire una frase emblematica: "A tutti i Rocky del mondo, vi amo".

La delusione per il premio non conseguito, nonostante il favore dei pronostici, vede però Stallone reagire alla Stallone, o alla Rocky, se si preferisce, ovvero con la la perseveranza, l'abnegazione, l'inarrestabile voglia di fare della sua vita la stupenda favola di chi ha avuto tanto, forse tutto, ripetendosi ad ogni ostacolo "non fa male", quello che gli diceva "Duke", interpretato da Tony Burton, l'attore morto pochi giorni prima degli Oscar. Non ha protestato come il fratello, Frank Stallone, che si chiedeva chi fosse Mark Rylance il giorno dopo la sconfitta. Rocky ha commentato coì la sua sconfitta, ammesso che sia una sconfitta: "A tutti i Rocky del mondo, non mollate mai".

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