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Una divina Judi Dench in “Philomena” di Stephen Frears

Applausi a scena aperta per il film del regista britannico, che racconta una toccante storia vera senza morale nè retorica. Sarà difficile strappare la Coppa Volpi a Judi Dench.
A cura di Daniela Scotto
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Quarta giornata di concorso, ancora una donna straordinaria protagonista di una storia vera. Ricordate le terribili suore irlandesi di “Madgalene”, l’atroce film di Peter Mullan Leone d’Oro a Venezia nel 2002? Cinematograficamente, the evil nun funziona sempre, con quella spolverata di sdegno inevitabile perché tra l’altro “è successo veramente”. Ma se arriva un maestro del racconto come Stephen Frears, e un’attrice che con uno sguardo immortala una fetta di umanità, si può raccontare tutto, anche di una donna anziana alla ricerca di quel figlio che le suore costrinsero ad abbandonare, senza essere patetici, retorici, scontati o in ogni caso, facilmente “catchy”.

“Philomena”, il miglior film in concorso fino ad oggi, tesse un delicato equilibrio tra tematiche ad alto rischio banalità (maternità negata, il lato oscuro della Chiesa, questioni di fede, il cinismo del mondo del giornalismo) presentando una sceneggiatura di ferro ed una caratterizzazione dei personaggi mai sopra le righe. Il contrasto tra Philomena Lee (Judi Dench), un classico “cuore semplice”, e Martin Sixsmith (Steve Coogan), altrettanto classico smaliziato giornalista indurito dal proprio laicismo, si sviluppa senza alcuna necessità di giudizi etici o di morali conclusive.

In ballo c’è sì una questione di fede, quella fede sotto la quale in un certo periodo della storia alcune fette di paesi ultracattolici hanno nascosto una loro visione del mondo fondata su discriminazione e frustrazione. Ma se dalla fede tutto inizia, alla fede tutto fa ritorno, concludendosi con una bellissima riflessione sul perdono, caposaldo della religione cristiana. Sarà per questo che Frears ha dichiarato in conferenza: “Vorrei che Papa Francesco vedesse questo film”, anche se il regista è decisamente dalla parte di Sixsmith. Difficile trattare argomenti del genere senza esprimere giudizi morali, senza che “il cuore semplice” appaia come quello di una minus habens e che il letterato non gigioneggi come un vacuo flâneur. Merito sicuramente anche di due interpretazioni ironiche ma mai oltre misura, ampiamente in odore di Coppa Volpi.

Vorrei che Papa Francesco vedesse questo film – Stephen Frears

Judi Dench ha raccontato del suo incontro con la vera Philomena, descrivendola proprio come appare nel film, e cioè di una signora irlandese di 80 anni dotata di un’ironia naturale, che l’attrice ha avvertito come molto vicina alla propria sensibilità fin dai primi scambi di opinione sul film. “Non credo che al suo posto io sarei stata capace di perdonare – ammette l’attrice – sebbene io abbia una fede diversa ma altrettanto grande”. “Fucking catholics”, ci verrebbe da dire mutuando una battuta dal film. Eppure, il contrasto tra credo differenti riesce a tenersi sempre ad un livello superiore, grazie al mood che sottende all’intera vicenda rivelazione dopo rivelazione, cioè quello di non abbandonarsi all’odio, nonostante i torti subiti ben al di là dall’essere rimarginati. Una lezione di cinema e per i più bisognosi, anche di vita.

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