28^ edizione del Torino Film Festival: an inside look
Chiunque abbia vissuto, almeno una volta, l'esperienza elettrizzante del Torino Film Festival non può non aver pensato: ecco, è così che dovrebbe funzionare un festival del cinema.
Al di là dei difetti organizzativi e della discutibilità di alcune scelte artistiche, il TFF è una pietra miliare del cinema metropolitano nel mondo, ed offre ai suoi spettatori la possibilità di immergersi completamente nella settima arte per dieci giorni. Niente tappeti rossi, niente sfilate glamour, niente fronzoli: solo cinema.
Volendo metterla giù polemica, potremmo dire che il Torino Film Festival è l'anti Roma Film Fest; un evento che ruota tutto intorno all'arte, senza le frequenti incursioni del gossip e senza la monopolizzazione dell'attenzione da parte di major e stars hollywoodiane.
La 28^ edizione del Torino Film Festival continua la gloriosa tradizione che vuole i cittadini e gli amanti del cinema al centro di ogni evento. Non ci sono soltanto i film in concorso, ci sono i cortometraggi, i prodotti dei giovani protagonisti del Torino Film Lab, i racconti di impegno sociale, la Festa Mobile, c'è tutto quel cinema che resiste, nel mondo, allo strapotere delle grandi case di produzione, e che tenta di aprirsi un varco nell'immaginario collettivo, di raccontare le proprie storie.
A questo cinema invisibile, però, si aggiungono le grandi retrospettive sui mostri sacri del passato. Ma, anche in questo caso, non si tratta quasi mai di conclamati maestri della cinematografia, ma di figure geniali eppure in qualche modo marginali, mai sulla cresta dell'onda. Ricordiamo, ad esempio, l'edizione del 2006, che ha portato gli spettatori a scoprire l'intera opera di quello straordinario regista che è Robert Aldrich e buona parte del superbo lavoro di Claude Chabrol.
Per le retrospettive di Torino 28, il direttore Gianni Amelio e i suoi collaboratori hanno deciso di puntare su due autori di cui, malgrado l'indiscussa abilità, si sa davvero molto poco: Vitalij Kanevskij, regista simbolo della Perestrojka, e John Huston, autore di "Casino Royale", "L'Onore dei Prizzi" e "Gente di Dublino".
Anche la presenza dell'anteprima del nuovo film di Danny Boyle è pienamente il linea con lo spirito del festival, il regista di "Trainspotting" e "28 giorni dopo", infatti, è un autore simbolo della nuova generazione di autori, di quelli che provano a farsi strada sul palcoscenico allestito a Torino, per loro.
Segnaliamo, infine, l'attenzione particolare che il Torino Film Festival dedica da sempre ad un genere ingiustamente considerato minore: l'horror. Per due edizioni consecutive, 2005 e 2006, il TFF ha presentato in anteprima la serie TV statunitense Masters of Horror, riscuotendo un enorme successo di pubblico e di critica. Da tre anni a questa parte, invece, al cinema dell'orrore viene dedicata un'intera sezione dal titolo Rapporto Confidenziale che, anche quest'anno, vedrà la partecipazione del nuovo lavoro di John Carpenter, grande amante del festival torinese.
Insomma, il Torino Film Festival ha ancora ben chiaro qual è il suo centro e la ragione della sua nascita: la promozione e la divulgazione dell'arte cinematografica contemporanea. Da 28 anni Torino resiste alle lusinghe dei grandi palcoscenici, ed è questo il motivo per cui è tanto amato dai giovani cineasti e dai cittadini tutti. Se il cinema italiano si torinizzasse un po', non gli farebbe poi così male.