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30 anni fa usciva Willy Signori e vengo da lontano, la commedia più riuscita di Francesco Nuti

Il 20 dicembre 1989 usciva la commedia più divertente, difficile e riuscita di Francesco Nuti. Il regista e attore toscano unisce il dramma e la comicità, lasciandosi andare a slanci molto surreali che, però, non fanno altro che arricchire la sceneggiatura. Partendo da un evento tragico e del tutto imprevisto, l’uomo W darà una scossa alla sua vita, riaprendosi all’amore, sviluppando un senso paterno inaspettato e arriva alla consapevolezza di non voler sprecare neanche più un minuto della sua esistenza.
A cura di Ciro Brandi
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Willy Signori e vengo da lontano, esilarante commedia del talentuoso Francesco Nuti, usciva al cinema il 20 dicembre 1989. Nel film, Nuti è Willy Signori, un giornalista di cronaca nera che sta per sposarsi e che ha un fratello, Ugo (Alessandro Haber), costretto sulla sedia a rotelle. La sua vita scorre in maniera anche troppo tranquilla, fino a quando un giorno è coinvolto in un incidente in cui muore un giovane. Lucia (Isabella Ferrari), la fidanzata dell’uomo morto è incinta e Willy, dopo un violento scontro iniziale, comincia a prendersene cura, trascurando la propria fidanzata, Alessandra (Anna Galiena), arcigna ed egoista. Quest’ultima decide di affrontare la “rivale” offrendole dei soldi, ma Cupido scoccherà la sua freccia riparatrice in Africa.

Willy e la tragedia iniziale come punto di ripartenza

La 10° prova alla regia di Francesco Nuti è quella, molto probabilmente, più riuscita della sua carriera. Con Willy Signori e vengo da lontano, il regista e attore toscano ha saputo unire sapientemente il dramma e la comicità, lasciandosi andare anche a slanci molto surreali che, però, non fanno altro che arricchire la sceneggiatura scritta in collaborazione con Ugo Chiti e Giovanni Veronesi. Partendo da un evento tragico e del tutto imprevisto, Willy/Nuti darà una scossa alla sua vita, in stand by da un bel po’, riaprendosi all’amore e alle gioie semplici, sviluppando un senso paterno che non sapeva forse di avere e, soprattutto, arriva alla consapevolezza di non voler sprecare neanche più un minuto della sua esistenza. Diversamente da quanto accade nel suo film precedente, il celebre Caruso Pascoski di padre polacco (1988), Nuti si libera dalle sovrastrutture narrative più rigide e abbraccia completamente la commedia con trovate geniali e personaggi totalmente fuori dagli schemi, che fanno da cornice alle vicende di quelli principali.

Un cast di grandi attori

Tutto il cast è parte attiva e integrante del film. Sensazionali sono i duetti nevrotici e al fulmicotone di Willy e suo fratello Ugo, interpretato da Alessandro Haber, qui in una delle sue prove attoriali meglio riuscite, ma anche la sexy Isabella Ferrari, fragile e coraggiosa allo stesso tempo, e l’energica e arcigna Anna Galiena sono le dame che spostano l’asse dell’equilibrio caratteriale e sentimentale di Willy, aprendogli gli occhi e facendogli capire, una volta per tutte, quello che vuole veramente, ma soprattutto quello che non vuole, cioè una vita grigia senza stimoli, lasciate alle spalle appena sale sull’aereo per l’Africa.

Il Nastro d’argento ad Alessandro Haber

La pellicola fu un successo di pubblico e critica e Alessandro Haber riuscì a portare a casa il Nastro d’argento come Miglior attore non protagonista e una nomination nella stessa categoria anche ai David di Donatello, mentre Isabella Ferrari fu candidata ai Nastri come Migliore attrice protagonista. All’epoca, fu proprio Nuti, in un’intervista a Repubblica, a dichiarare quanto segue:

La cosa più importante è che, secondo me, Willy Signori è, rispetto agli altri, il film che abbiamo scritto con più accuratezza e con maggiore attenzione alle psicologie: non solo del protagonista, ma di tutti. Il mio personaggio è portante, però diventa anche spalla degli altri. Forse è anche una naturale evoluzione, nei primi film mi basavo soprattutto su me stesso, adesso cerco storie più equilibrate, articolate. Infatti, come regista, penso che questo sia il film più complesso e difficile che ho fatto.

E dopo 30 anni, la storia di Willy continua a farci ridere ed emozionare, segno che gli sforzi del regista, la cui lunghissima assenza pesa come un macigno nel panorama cinematografico italiano, sono stati ampiamente ricompensati.

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