Alessandro Carloni è il regista di Kung Fu Panda 3: “Amo Hollywood ma mi manca l’Italia”
Forse non tutti sanno che il regista di "Kung Fu Panda 3" è un italiano: si chiama Alessandro Carloni ed è una delle menti dietro il terzo capitolo della fortunata saga animata targata DreamWorks. In cabina di regia insieme alla sudcoreana Jennifer Yuh, Carloni ha 38 anni, è originario di Urbino (seppur nato a Bologna) ma vive a Hollywood da diversi anni. Non è mai successo che un regista del Belpaese dirigesse un film dal budget così alto: 145 milioni di dollari è la cifra spesa per "Kung Fu Panda 3", atteso nelle sale dal 17 marzo.
"Mi rendo conto della mia fortuna, ma per ogni me ci sono 300/400 ragazzi ugualmente appassionati che non hanno avuto le stesse opportunità", spiega Carloni al Corriere della Sera, raccontando la sua storia di "cervello in fuga", italiano trapiantato all'estero per inseguire un sogno che difficilmente avrebbe potuto realizzare restando in patria.
Avevo appena compiuto 18 anni quando me ne sono andato dal nostro paese, ho lavorato un po' in Germania, ho lavorato in studi di animazione in Danimarca, in Inghilterra, fin quando sono arrivato in America già dodici anni fa. Praticamente ho passato più anni della mia vita fuori dall'Italia che dentro eppure continuo a sentirmi italiano. Se dal punto di vista professionale tutto devo alla mia esperienza all'estero, tanto che molti termini di lavoro non li conosco neppure in italiano, lo sono dal punto di vista della sensibilità. Infatti spesso mi si accusa di essere troppo italiano sul lavoro, di pensare "in piccolo", di essere interessato a livello narrativo principalmente alle relazioni interpersonali tra i personaggi e molto meno alla dimensione epica in stile hollywoodiano.
La carriera a Hollywood
La regia di "Kung Fu Panda 3" (suo esordio come lungometraggio, dopo il corto "The Shark and the Piano" del 2001) è il coronamento di un lungo percorso nell'universo dell'animazione. Carloni ha lavorato in altri blockbuster come "Shark Tale", "La gang del bosco", "Dragon Trainer" e "I Croods", così come nei due precedenti "Kung Fu Panda".
Il personaggio di Po si basa sul contrasto tra il suo entusiasmo infantile sincero e contagioso per il kung fu e la totale insicurezza che prova nei confronti di se stesso. E gli ostacoli che noi mettiamo sulla sua strada servono a spingere in questa direzione. Arrivati al terzo episodio dovevamo trovare qualcosa di nuovo e abbiamo avuto l'idea che dopo che Po aveva trovato la forza di credere in se stesso la sfida successiva sarebbe stata quella di insegnare agli altri questa lezione, così Po da allievo è diventato maestro. Non senza qualche difficoltà.
Il cinema d'animazione in Italia: "Un modello sbagliato"
Naturalmente, viene spontaneo chiedersi se Carloni sogna, prima o poi, di lavorare in Italia. Purtroppo, lo stato del cinema d'animazione nel nostro Paese è tutt'altro che florido: nonostante recenti esempi avevano fatto ben sperare (vedi i casi di Enzo D'Alò e delle Winx, create dalla Rainbow di Iginio Straffi), il settore fatica ad affermarsi. Basti pensare che solo l'11% dei cartoon visti sulle nostre tv è di produzione nostrana (dati Anica). Carloni, però, ha un'idea: realizzare un film americano in Italia.
A me piacerebbe creare un progetto, finanziarlo completamente negli Stati Uniti e poi mettere al lavoro gli artisti compatrioti. Vivo a Hollywood da tanto tempo quindi non conosco bene la situazione del cinema italiano ma per quel che riguarda l'animazione mi sembra chiaro che ci sono problemi di finanziamento perché il film non viene visto come un prodotto da vendere ma un oggetto artistico da sovvenzionare. Ecco il film che vorrei fare io invece sarebbe un prodotto in cui l'investitore abbia voglia di investire.
Carloni non dimentica quindi le sue origini, che del resto hanno fatto nascere in lui l'amore per l'animazione: il padre Giancarlo ha infatti lavorato nel Carosello, collaborando tra l'altro con Bruno Bozzetto. Nostalgia dell'Italia?
Mi manca la semplicità della vita sociale. Io sono cresciuto nella campagna intorno alla città di Urbino, uscire con gli amici significava andare in piazza. A Los Angeles occorre un lavoro enorme per avere una vita sociale perché è necessario organizzarsi e io che non sono un organizzatore ho bisogno di un produttore che mi produca la vita sociale. Ecco, questo mi manca moltissimo dell'Italia.