“Bob Kennedy uccise Marilyn Monroe con un’iniezione letale per farla tacere”
Il libro "The Murder of Marilyn Monroe: Case Closed" promette di riaprire il dibattito riguardo alle cause che hanno portato alla morte di Marilyn Monroe. Gli autori sono Jay Margolis, reporter investigativo ed un vero e proprio esperto quando si tratta dell'attrice, e lo scrittore Richard Buskin. Secondo quanto affermano, la diva non si sarebbe suicidata, ma sarebbe stata assassinata.
CHI LA VOLEVA MORTA? – La sua morte sarebbe stata orchestrata da Bob Kennedy, per metterla a tacere. Secondo quanto scritto nel libro, che uscirà i primi di giugno, infatti, il politico temeva che potesse rivelare tutti "gli sporchi segreti della sua famiglia", che la Monroe aveva annotato in un piccolo diario rosso. Kennedy non avrebbe agito da solo. Con lui avrebbero cospirato anche suo cognato, l'attore Peter Lawford, e lo psichiatra di Marilyn, il dottor Ralph Greenson, che avrebbe somministrato alla star, un'iniezione letale di pentobarbital. Il Mail Online rivela in anteprima che il libro si propone di sollevare il velo su una delle morti più discusse, tramite interviste e dichiarazioni di testimoni oculari. Gli autori affermano che Peter Lawford fu divorato dal senso di colpa, perciò fu lui stesso a svelare:
‘Bobby Kennedy era determinato a farla tacere, a prescindere dalle conseguenze. Fu la cosa più folle, che commise e io fui pazzo abbastanza da lasciare che accadesse."
I TESTIMONI – Secondo Margolis e Buskin, l'omicidio sarebbe avvenuto davanti a testimoni. James C. Hall, il soccorritore che giunse con l'ambulanza, avrebbe assistito al momento esatto in cui lo psichiatra dell'attrice, le iniettava direttamente nel cuore pentobarbital non diluito, rompendole brutalmente una costola. Il dottor Greenson, sarebbe stato assunto proprio da Bob Kennedy per "prendersi cura" di Marilyn.
BOB KENNEDY E MARILYN MONROE – La relazione tra il politico e l'attrice scoppiò nell'estate del 1962, quando fu mandato a Los Angeles per chiedere alla diva di smetterla di chiamare il presidente Kennedy alla Casa Bianca. John Kennedy non avrebbe mai lasciato Jackie, per sposare Marilyn. Bobby, però, si invaghì di lei. Peter Lawford, infatti, spiegò:
"Non era intenzione di Bobby, ma quella sera diventarono amanti e passarono la notte a letto insieme. Quasi subito, la relazione divenne molto intensa e iniziarono a vedersi spesso."
Aggiunse, poi, che la star si innamorò perdutamente di Bob ed era certa che l'avrebbe sposata, lasciando la moglie Ethel, nonostante "i fratelli se la passassero come fosse una palla, facendola sentire solo un pezzo di carne."
BOB KENNEDY VOLEVA LASCIARLA – Quando Kennedy iniziò ad allontanarsi da lei, Marilyn lo minacciò di indire una conferenza stampa, in cui avrebbe rivelato la sua relazione sia con John che con Bob, oltre a tutti i segreti che sapeva sulla loro famiglia, che aveva annotato in un piccolo diario rosso, che teneva nascosto. Gli autori raccontano che Kennedy si scagliò contro di lei, urlando che doveva tirar fuori il diario, ma lei non si lasciò intimorire. Il politico era al corrente del fatto che Marilyn avesse avuto una relazione anche con il suo psichiatra. Lo sapeva anche Lawford, che aveva ascoltato le registrazioni dei dispositivi dell'FBI, piazzati in casa dell'attrice. In modo da averlo dalla sua parte, Kennedy fece credere al dottor Greenson che Marilyn avesse intenzione di rendere pubblica la loro relazione. Ciò avrebbe posto fine alla carriera del dottore e probabilmente lo avrebbe anche spedito in prigione.
LA LITE – L'ultima visita di Bob Kennedy alla Monroe risale al 4 agosto 1962, poche ore prima della morte della diva. Lawford attendeva in giardino che i due si chiarissero. Sentendo Marilyn urlare, entrò, e la vide agitare un coltellino contro Bob. Riuscì a disarmarla. Con l'aiuto di una guardia del corpo, le somministrarono il pentobarbital, in modo da poter cercare il diario indisturbati. Quando l'attrice sembrò svegliarsi, le fecero una nuova iniezione. Lasciarono la casa alle 22:30.
I PRIMI SOCCORSI – Il cagnolino di Marilyn continuava ad abbaiare, attirando l'attenzione della governante Eunice Murray e del figlio Norman Jefferies. I due, trovando l'attrice riversa sul letto, chiamarono un'ambulanza. Il primo infermiere arrivato, James C. Hall, dichiarò:
"Era nuda. Non aveva addosso un lenzuolo o una coperta. Non c'erano bicchieri d'acqua. Non c'erano alcolici. Abbiamo riscontrato che il suo respiro era corto, il polso molto debole e rapido e non era cosciente. Non c'era traccia di vomito, insolito per un'overdose che era ciò che la governante pensava avesse avuto. Non proveniva odore di droga dalla sua bocca. Un altro sintomo classico. Poi è arrivato Greenson dicendo: "Sono il suo dottore".
Hall si disse sorpreso del modo di agire del dottore, che definisce "brutale" a tal punto da "rompere una costola" alla povera Marilyn:
"Ha premuto con forza sulla costola, fino a che non si è sentito distintamente, il rumore dell'osso che si rompeva."
Gli autori del libro non hanno dubbi:
"C'erano cinque testimoni all'assassinio di Marilyn Monroe. Tre dei cinque hanno dichiarato che il dottor Ralph Greenson fu il responsabile."