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Ciao Regina Bianchi…o Filumena, perché non c’è differenza

Eduardo scrisse “Filumena Marturano” per sua sorella, Titina, nel 1946. Quindici anni dopo, un’attrice di Lecce raccolse con orgoglio e successo la pesante eredità, diventando l’inconsapevole ispirazione per le attrici future.
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Eduardo scrisse "Filumena Marturano" per sua sorella, Titina, nel 1946. Quindici anni dopo, un'attrice di Lecce raccolse con orgoglio e successo la pesante eredità, diventando l'inconsapevole ispirazione per le attrici future.

Eduardo De Filippo scrisse Filumena Marturano per sua sorella, Titina. Per ritagliare ad una donna, per la prima volta nella sua drammaturgia, un ruolo da protagonista. E che donna, il personaggio di Filumena. La commedia fu scritta nel 1946, messa in scena due anni più tardi e nel 1951 diventò un film. C'era sempre Titina nel ruolo di Filumena. Magnifica. Chissà se però, quando undici anni dopo Eduardo ripropose un adattamento televisivo dell'opera, nel vedere il volto fiero di Regina Bianchi, quella sua voce cantilenante, quella determinazione negli occhi, i movimenti serrati delle braccia, non si sia chiesto che, forse, in quel momento la sua Filumena stesse rivivendo di nuovo, in un altro corpo. Che attrice meravigliosa, Regina Bianchi, al secolo Regina D'Antigny. Consapevole dell'importanza di quel ruolo, orgogliosa per la fiducia che gli rivolse Eduardo, dopo la registrazione per intero del primo atto (altro che montaggio) l'attrice svenne tra le braccia di un giovane Andrea Camilleri, amico e collega del Maestro, che era lì come ospite.

E adesso si accendano i fari da mille. La carriera di Regina Bianchi è stata maiuscola, lanciata a teatro da Raffaele Viviani (un teatro totalmente opposto a quello eduardiano), al cinema era ne Il giudizio universale di Vittorio De Sica, per Eduardo interpretò ancora in tv Sabato, domenica e lunedì, Napoli milionaria! e Questi fantasmi, restando di fatto, nell'immaginario collettivo, con  Titina e Pupella Maggio, tra le migliori partner femminili del drammaturgo partenopeo. Nel 1962 vinse anche un Nastro d'argento per Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy, nel 1977 è in Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli. Poi la carriera prese una piega poco capita dalla critica cinematografica, a cavallo tra i '70 e gli '80, erano gli anni delle sceneggiate napoletane al cinema. Iniziò il sodalizio con un altro pezzo della storia di Napoli, distante anni luce dalla borghesia eduardiana: le pellicole con Mario Merola, sei in tutto, dove interpreta sempre il ruolo della madre premurosa e sofferente. La critica stroncherà quei film e quella coppia che, però, al cinema popolare piace. Regina va avanti, il tempo intanto passa. Gli anni Novanta vedono per lei piccoli ruoli, e i riflettori su di lei si spensero progressivamente. C'è voluto un altro Eduardo come Tartaglia per rivederla in piccoli ruoli, ma godibili, per la gioia degli amanti del teatro: Il mare non c'è paragone (2001) e Ci sta un francese, un inglese e un napoletano (2008) sono gli ultimi film. La speranza (e il rimpianto) è che, con la sua scomparsa, come di consueto, il grande pubblico riscopra questa Anna Magnani del sud dell'Italia. Questa grande donna che, venuta da Lecce, sconvolse le carte del teatro napoletano, diventando inconsapevolmente un modello d'ispirazione per le generazioni d'attrici future.

Ciao Filumè, non ti dispiace se ti chiamo così, vero?

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