Festival di Berlino, l’Italia ed gli autori scaldano dal gelo
Da qualche si parla di un ridimensionamento del Festival di Berlino, di una perdita di prestigio, in virtù specialmente – dicono alcuni – della cessione di gran parte dello spazio al cinema hollywoodiano; ma Dieter Kosslik, direttore della rassegna, dimostra in questi primi sei giorni che la 60^ edizione ha il compito di far rimangiare le critiche ai detrattori. E così, fa sfoggio di Martin Scorsese, e del suo nuovo notevole film Shutter Island, in apertura di Festival: non solo, il maestro italo-americano risponde alla critiche divise della stampa annunciando un sensazionale remake di Taxi Driver, a quattro mani con Lars Von Trier.
Il contraltare europeo di Marty è Roman Polanski, in carcere per le vicende ormai note a tutti, che “in contumacia” presenta il suo ultimo (forse in tutti i sensi) film, The Ghost Writer, thriller politico tratto dal romanzo di Robert Harris, che ha raccolto numerosi consensi, tanto da figurare tra i favoriti nella competizione.
Di fronte ai grandi autori non sfigurano le stelle nostrane: Ferzan Ozpetek, che ha presentato Mine vaganti con Riccardo Scamarcio, storia di un coming out omosessuale ambientato in Salento che ha raccolto applausi e consensi, e Silvio Soldini, che oltre a interesse ha suscitato scandalo col suo film Cosa voglio di più, storia di una passione bruciante e improvvisa che incuriosisce anche per la prima volta di Alba Rohrwacher in un ruolo sensuale.
Ma forse il film che forse ha colpito di più i cronisti, sempre in tema di sesso ed erotismo è stato Caterpillar, del nipponico Koji Wakamatsu, in cui un uomo senza arti a causa della guerra fa i conti con la passione e i sensi di colpa. Duro e senza limiti; ne troverà quando si tratterà di distribuirlo in Italia.
Emanuele Rauco