Francesca, la moglie di Mattia Torre: “Emma è come il padre, quando parla toglie il fiato”
Mattia Torre è stato uno degli sceneggiatori e dei registi più talentuosi della sua generazione, una mente e una penna brillante la sua di cui, però, il mondo del cinema si è dovuto privare troppo presto. Eppure la sua bravura, la sua arguzia sono state premiate durante la cerimonia dei David di Donatello, dove "Figli" il film da lui scritto, ma purtroppo non diretto, ha conquistato il premio per la miglior sceneggiatura. A ritirarlo sono salite sul palco, accanto a Carlo Conti, sua moglie Francesca e sua figlia Emma che con il suo discorso, lucido e toccante, ha commosso il pubblico. Ne parlano insieme, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, dove non manca un ricordo di chi fosse Mattia Torre e di quanto ancora fosse in grado di regalare al cinema: "Aveva la capacità di non abbattersi e di trasmettere felicità" dice la giovane Emma.
L'intervento di Emma ai David di Donatello
"Emma toglie il fiato quando parla, l’ha ereditato da Mattia", è così che Francesca Torre commenta l'intervento di sua figlia Emma alla consegna del David per la miglior sceneggiatura originale, uno dei momenti più intensi della serata, con il quale è stato possibile ricordare uno tra gli autori più prolifici, geniali e promettenti del cinema che, anche se postumo, ha ricevuto un premio a cui da tempo ambiva. "Quando lo hanno proclamato vincitore, Valerio Mastandrea che era grande amico di Mattia si è voltato verso di me con uno sguardo come a dire, hai visto? È incredibile. A Emma ho detto: ringrazia chi vuoi" continua la vedova di Mattia Torre, rievocando la sorpresa di quel momento così coinvolgente, a cui si accoda la piccola Emma: "E io ho ripensato ai miei vecchi amici, per ricordarli tutti li ho collegati con uno schema mentale".
L'amore di Mattia Torre per sua moglie e la scrittura
L'amore tra Francesca e Mattia Torre è maturato col tempo, nonostante i due si fossero conosciuti, scrutati e avessero già capito di essere fatti l'uno per l'altra: "Sono stati 15 anni di amore. Eravamo complici in tutto e per tutto, l’incontro di anime gemelle da cui sono nati Emma e Nico. Litigavamo anche, e all’inizio come papà non era così presente, si imboscava molto, diceva che la notte era più facile per me svegliarmi in quanto donna!" racconta la donna che, poi, ha dovuto fare i conti con la malattia del marito, arrivata troppo presto:
Era già in metastasi a un rene quando l’ha saputo, doveva vivere due anni e invece sono stati quattro perché era Mattia, ha vissuto la malattia con positività, scrivendo moltissimo nell’ultimo periodo, senza cedere alla disperazione. Ne "La linea verticale" ha parlato anche di lui, quando sei ricoverato ti senti solo con la malattia, Mattia aveva quaranta amici che lo aspettavano quando si operò. Ha voluto raccontare la solitudine che lui non ha vissuto. Ma di “Figli” non voleva parlare, sapeva che non l’avrebbe visto. Lo scrisse e indicò Giuseppe Bonito come regista al suo posto.
La malattia
Quattro anni in cui Mattia Torre ha lottato con tutte le sue forze, in cui non si è mai abbattuto e ha cercato di vivere fino all'ultimo momento la sua vita circondandosi delle persone a lui più care, ovvero i suoi amici che non lo hanno mai abbandonato, tanto da immaginarsi anche il momento della sua dipartita accanto a loro: "Davanti a una pizzapensò a come dovesse essere il suo funerale, nella sua chiesa che era il teatro Ambra Jovinelli. Voleva essere ricordato dai suoi amici, Valerio Mastandrea, Valerio Aprea, Pietro Sermonti… Ridevamo e piangevamo, fu un trionfo. Mattia non aveva famiglia d’origine, figlio unico, il papà morto, la mamma vive in Svizzera. La sua rete di salvataggio eravamo noi e i suoi amici. Diceva che le sue ceneri dovevano essere esposte con un bicchiere di Chardonnay. Mattia era un uomo fuori dall’ordinario che rise della malattia e della morte. Il giorno prima di morire mi ha detto: me ne posso andare?". Anche nella morte Mattia Torre è stato in grado di mostrarne il lato vero e a tratti inaccettabile, come per le sue sceneggiatura, come ha chiosato la moglie parlando del suo talento che lo ha reso icona di una generazione: "È riuscito a centrare con perfezione chirurgica le nevrosi, osservava la realtà e la ribaltava in modo mai retorico, era quasi un laboratorio. Diceva che la verità fa ridere".