Hunger Games: La ragazza di fuoco, buona anche la seconda (RECENSIONE)
Come potrebbe Katniss Everdeen non essere un idolo per gli adolescenti di tutto il mondo, quando dell’adolescenza rappresenta la sua caratteristica principale, la ribellione? E’ tornata, ed è sempre più agguerrita e ferma nelle proprie decisioni. Presentato in anteprima al Festival del Film di Roma fuori concorso, “Hunger Games: La ragazza di fuoco” (Hunger Games – Catching Fire) è il secondo capitolo della saga tratta dai best-sellers di Suzanne Collins, che ha venduto solo negli USA 50 milioni di copie, diretto da Francis Lawrence e come il primo interpretato dal premio Oscar Jennifer Lawrence, Liam Hemsworth, Josh Hutcherson, Lenny Kravitz, Stanley Tucci e da quest’anno anche da un altro premio Oscar, Philip Seymour Hoffman e Jena Malone.
Se ancora nelle vostre menti sovrapponete Katniss e Belle di Twilight, le terribili vicende ambientate nei boschi durante gli Hunger Games con i combattimenti-fuffa dei fulminei vampiri, questo secondo capitolo vi confermerà la reale pasta di cui è fatto, tanto nell’appassionante plot quanto, e soprattutto, nella fattura. Inutile sforzarsi di ridurre tutto a un triangolo amoroso: le questioni di cuore di Katniss occupano uno spazio ridotto della narrazione e fanno parte di un processo più ampio di crescita e di decisione. Sulla ragazza di fuoco gravano i destini di tutti i Distretti, che dopo la sua offerta di partecipare, per poi vincere, agli Hunger Games dell’anno precedente, è diventata un pericolosissimo simbolo di speranza per tutte le popolazioni oppresse. Quindi con un ritmo necessariamente meno serrato, nella prima parte del film si entra nella coscienza di Katniss, la cui vita non è più privata e che realizza che può condividere tutto quello che le resta solo con i suoi sfortunati compagni di viaggio. Inaspettatamente tutti i vincitori delle passate edizioni dei Giochi sono coinvolti in una nuova “Edizione della Memoria”, che ha il solo scopo di annientare la figura di Katniss. E lei, nuovamente, spiazzerà tutti, rendendosi responsabile di una rivoluzione (che conosceremo solo nel prossimo film) pur di non scendere a compromessi, tentando di salvare più vite possibili. Ed è qui che la saga rivela la sua forza visiva e cioè nella messinscena degli Hunger Games, un avvicendarsi di spaventosi flagelli volti ad uccidere dei giovani (di cui alcuni ormai diventati adulti in questo caso) come se fosse un’eliminazione del Grande Fratello, così, tanto per intrattenere.
Molto ben assortito il gruppo dei concorrenti, dalle personalità e le skills più diverse, in cui figurano genialoidi, tossici, psicotici, qualche Mister Muscolo, persino un’anziana donna. Gli ologrammi dei caduti a fine giornata, come fossero i volti di un televoto finito male, si riconfermano un’immagine molto forte. La metafora della distrazione di massa rispetto alle miserie del mondo si consolida ulteriormente, e che il destino dell’umanità sia nell’astuzia e nella forza di una ragazza non può che appassionare. Il film cresce piano e culmina nel cliff del finale, in un crescendo che si interrompe e che non ha il ritmo autoconclusivo di un singolo film, cosa che può infastidire i meno allenati alle saghe e alla pazienza che richiedono. Quindi non ci resta che aspettare il prossimo capitolo, con la consapevolezza che sarà completamente diverso da quelli precedenti.