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Il discorso del Re: una recensione del trionafatore degli Oscar 2011

Con l’uscita in DVD de Il discorso del Re cogliamo l’occasione per tornare sul flm trionfatore della notte degli oscar 2011.
A cura di Francesco Zullo
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a tre mesi dal trionfo a gli Oscar 2011 tronamo sull'acclamato film

Cogliendo l'opportunità della recente uscita in Dvd de "Il discorso del re", possiamo tornare a parlare di uno dei film più acclamati di questo inizio di stagione cinematografica. E' oramai passato molto tempo dal trionfo ottenuto dalla pellicola di Tom Hopper durante la cerimonia di consegna dei premi Oscar 2011, trionfo segnato dalla mole impressionate di nominations, ben 12, e dal conseguimento di ben 4 statuette, tre delle quali considerate tra i quattro premi principali dell'intera manifestazione: miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura originale. Senza la pressione di questi risultati e a bocce ferme possiamo anche noi dare la nostra opinione sul film e sulle interpretazioni che hanno consentito a gli attori di primeggiare sul palco del Kodak Tharer.

Il discorso del re, sullo sfondo di un'Inghilterra a cavallo tra le due guerre, racconta fondamentalmente di un rapporto familiare pesantemente polarizzato dalle ingombrai aspettative di un genitore nei confronti dei due figli. L'uno, il primogenito, sfrontato, scavezzacollo, spavaldo ma totalmente inaffidabile e l'altro, il figlio cadetto, dimesso, disponibile ed oculato. Il complesso d'inferiorità del secondo nei confronti del primo viene esternato dall'uomo attraverso una grave forma di balbuzie, che non sarebbe un grave problema nella vita normale, ma essendo l'uomo il figlio del re d'Inghilterra le cose si complicano gravemente. Colin Firth irrompe sullo schermo con un principe Alberto, balbuziente, insicuro e frustrato dalla sua condizione in maniera assolutamente maiuscola, riuscendo a non forzare mai i toni della sua recitazione anche quando la sceneggiatura sembrerebbe essere pronta alla caricatura. Con la stessa naturalezza con cui da vita alle frustrazioni del futuro Re, Firth riesce a restituire al pubblico anche la dolcezza del padre e la goffaggine dell'uomo costretto in un ruolo più grande del suo.

Anche più di Firth, Geoffrey Rush riesce a tenere sui binari della credibilità il rivoluzionario logopedista Lionel Logue, le bizzarrie che il copione prevedono per il personaggio sono costantemente imbrigliate dalle capacità di un attore di cui il grande pubblico può cogliere l'intensità di un movimento del viso o di uno sguardo, come non è stato possibile vedere sotto tutto il trucco indossato nella saga di Pirati dei Caraibi. I duetti messi in scena tra Firht e Rush tengono banco per buona parte del film rapendo lo spettatore, botte e risposte serrate sapientemente riprese dalla camera di Hopper. Il regista della Il discorso del Re, è presente in ogni ripresa, dall'inquadratura dei microfoni ai ritratti dei personaggi della sua commedia, che riesce a dipingere con la pellicola; sia nei movimenti che nelle inquadrature fisse i tagli scelti da Hopper risultano perfetti e sempre estremamente evocativi.

Il discorso del re a quasi tre mesi dal trionfo della notte degli oscar non smentisce la sua fama, Colin Firth e Tom Hopper si dimostrano all'altezza degli allori concessi dalla Academy, Geoffrey Rush se possibile risulta ancora migliore dei suoi colleghi, facendo quasi gridare allo scandalo per non aver ottenuto l'oscar come miglior attore non protagonista. Sarebbe ingeneroso non citare Helena Bonham Carter e Guy Pearce, che da parte loro hanno contribuito a rendere Il discorso del Re uno degli esempi più fulgidi del concetto di settima arte.

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