Intervista a Massimiliano Gallo: Mozzarella stories? Non è la solita commedia all’italiana
In televisione e sul grande schermo appare con frequenza sempre maggiore. I personaggi che è chiamato ad interpretare variano di volta in volta, espressione di una duttilità artistica che, del resto, fa di lui un attore e un cantante. In occasione dell'uscita nel weekend di Mozzarella stories (il 23 settembre) – e con un occhio verso il futuro e in particolare verso "La kriptonite nella borsa" – la nostra redazione ha deciso di intervistare Massimiliano Gallo, con il duplice intento di descrivere film e attore. Da un lato, infatti, abbiamo un artista che, pur avendo anni ed anni di illustre esperienze in teatro, tv e cinema, promette una presenza ancora crescente nel mondo dello spettacolo; dall'altro abbiamo un film di esordio di un regista – Edoardo De Angelis – che già aveva ricevuto ampi riconoscimenti per i suoi cortometraggi.
Mozzarella stories è un film comico, violento, d'attualità. Si parla di camorra, di concorrenza, di globabilizzazione e… mozzarella. Insomma, che genere di film si deve aspettare chi andrà al cinema a vederlo?
Sicuramente un film nuovo. Non si tratta infatti della solita commedia all'italiana; almeno non di quella a cui comunemente ci si riferisce oggi. Questa novità e mescolanza anche di generi è effettivamente la forza e, allo stesso tempo, l'elemento critico di Mozzarella stories. Quello che ne è venuto fuori è un film unico in cui si incrociano più storie e personaggi, che danno al tutto forza, energia, ritmo. Credo che Edoardo [De Angelis] abbia seguito in fondo il consiglio di Kusturica: "Devi fare il film che avresti sempre voluto fare".
Il trailer di "Mozzarella stories"
Trailer della singolare "mafia comedy" di Edoardo De Angelis.
A prima vista questo film potrebbe apparire estremamente localistico, di interesse esclusivamente campano; eppure il titolo parla chiaro: a fianco alla mozzarella ci sono anche le "stories". Perché un non campano dovrebbe andare a vedere il film di De Angelis?
Perché è una storia che parte dalla provincia di Caserta, incontra (con disapprovazione dei protagonisti) la Cina e parla di sentimenti e meccanismi generali, comuni. Del resto le storie del film raccontano una realtà familiare a tutti, seppure immersa in situazioni paradossali. Cosa che tra l'altro possiamo riscontrare negli stessi personaggi, che non vanno intesi né come caricature, né come macchiette. Sono reali anche loro, "reali" anche se rappresentati a tinte molto forti.
Io sono Angelo Tatangelo, un cantante melodico – e non neomelodico – che è accompagnato da Sofia (Luisa Ranieri). Crede di essere un Julio Igesias napoletano. Si potrebbe dire che Angelo è un vinto dalla vita, convinto di avercela fatta. Comunque, sebbene sconfitto, gli si presenterà una seconda chanches. Dopotutto uno dei temi del film è proprio la seconda possibilità che si presenta ad ognuno di noi.
Se qui sei un cantante melodico, ieri – in Fortapasc – eri un boss della camorra. Quali sono i ruoli che più ti piace interpretare?
Sono convinto che l'attore debba essere uno strumento nelle mani del regista. Io ho provato sempre ad adeguarmi e – tra "Fortapasc" e "Mozzarella stories – ho interpretato anche il ruolo di Salvatore, il simpatico genero di "Mine Vaganti", lo strozzino poco credibile di "No problem", il marinaio in "Cefalonia" con Luca Zingaretti e, sempre in tv, sono il killer ne "Il segreto dell'acqua". E a breve sarò anche l'uomo innamorato, romantico de "La kriptonite nella borsa" di Ivan Cotroneo.
Ecco, Ivan Cotroneo, un altro esordiente che ha scelto te. Come è stato lavorare con lui ed Edoardo De Angelis?
E' stato eccezionale. Cotroneo ed io ci eravamo conosciuto durante "Mine Vaganti", di cui era sceneggiatore. Gli sono piaciuto e mi ha chiamato per questa piccola parte. Avevo anche conosciuto Edoardo mentre lavoravo in Fortapasc. Tra di noi c'è evidentemente un rapporto di profonda stima. Del resto, quando mi hanno proposto nei rispettivi ruoli ho accettato di corsa.
Sei stato presente sul set di due esordienti e, dunque, puoi avere il polso del cinema italiano di oggi. Come lo giudichi?
Secondo me il cinema italiano gode di buona salute. Il suo vero difetto è l'assenza di una progettualità e di una vera industria del cinema. Non c'è un coordinamento, né ci sono i fondi. Bisognerebbe fare come fece il ministro francese Lang, cercando di tutelare e proteggere il cinema nazionale.
Ma al di là del cinema, fai anche teatro e televisione. Quale dei tre media ti piace di più e quali sono le differenze più rilevanti per un attore?
Ciò che un attore nota immediatamente è la differenza dei tempi. A teatro c'è una consecutio che ti porta ad interpretare un personaggio dall'inizio alla fine della storia, con molta linearità. Inoltre sei sotto l'occhio di tutti, che tu sia o meno al centro della scena. Per fare i film, invece, devi imparare ad esercitare una concentrazione selettiva: ci sono lunghe ore – tra una scena e l'altra – in cui non si lavora. E in quel tempo è inutile disperdere le energie. E poi la consecutio salta: può accadere che ti trovi a recitare una scena finale quando ancora non hai recitato quella iniziale. Eppure… farei sempre cinema, anche se – intendiamoci – il teatro è la mia casa.
Padre cantante, madre attrice: il tuo destino artistico sembrava essere segnato…
Sì, in effetti grazie ai miei genitori ho respirato l'aria del palcoscenico fin da piccolo ed è fuor di dubbio che questa situazione familiare non mi abbia aiutato ad intraprendere la strada del teatro. E' vero anche che essere figlio d'arte ha dei lati negativi: "erediti" le stesse antipatie che colpivano i tuoi genitori e ti si chiede sempre di essere alla loro altezza. Ma sarebbe assurdo dire che è una sfortuna: i lati positivi superano comunque quelli negativi.
La drammaturgia napoletana è l'unica vincente in tutta Italia. Non ci sono barriere linguistiche che reggano: il nostro teatro è apprezzato ovunque. Per avere rappresentazioni altrettanto "universali" bisogna guardare fuori dall'Italia. Me ne sono reso conto sempre e più di recente lavorando in "Scugnizzi" o con Vincenzo Salemme. Ovunque ci si trovasse, gli spalti erano pieni. Il motivo di tanto successo? Evidentemente la nostra tradizione ha la capacità di andare al di là della cultura dei singoli luoghi e di proporre temi universali, come può essere quello della famiglia. A ciò si aggiunga la comicità napoletana e una magnifica tradizione di attori.