Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti in “Anni Felici”: storia di un amore (INTERVISTE)
Daniele Luchetti, uno dei nostri migliori registi, dopo aver raccontato l’Italia dei nostri tempi a partire da “La Scuola” fino a “La nostra vita”, sceglie di portare sul grande schermo una vicenda autobiografica, quella dei suoi genitori in realtà, ma non la presenta a Venezia, bensì a Toronto. La curiosità intorno ad “Anni Felici” precede il film da mesi: perché mai non era in concorso al Lido? Finalmente sentiamo dal vivo la risposta del regista: “La proiezione a Venezia è un rito sacro, solenne e trattandosi di una parte della mia vita, non sarei riuscito a sostenere una simile tensione. Ho scelto un contesto più rilassato, in cui presentare un film non diventa la fine del mondo: dopo la proiezione tanti saluti e pacche sulle spalle. E poi diciamoci la verità: a Toronto in sala c’erano 400 compratori, non so quanti ce ne sarebbero stati a Venezia”.
Adesso che abbiamo svelato questo arcano, tra business e sensibilità personale, possiamo affermare con rammarico quanto si era preventivato già a partire dal primo trailer: “Anni felici” è un film intenso, un dramma che solo in pochi e giusti attimi si colora di commedia, che ha regalato al cinema italiano una nuova coppia destinata a restare nella memoria dello spettatore, Guido (Kim Rossi Stuart) e Serena (Micaela Ramazzotti), insomma, proprio uno di quei film di cui si è sentita tanto la mancanza in Laguna. Come racconta Caterina Venturini, sceneggiatrice insieme agli infallibili Sandro Petraglia, Stefano Rulli e lo stesso Luchetti, il film gioca molto con gli stereotipi, soprattutto considerata l’ambientazione, l’estate romana del 1974, un attimo prima che quel decennio si caratterizzasse per ben altri motivi. C’è tutto: la coppia divisa tra borghesia e libertinismo, il femminismo, la scoperta dell’amore omosessuale (incarnato dalla materna ed avvolgente Martina Gedeck nei panni della gallerista Helke) l’arte e i suoi critici, nel passaggio tra il figurativismo e il concettuale.
Per non parlare delle famiglie, una tribù tradizionale con tanto di villa a Fregene quella di Serena, in totale opposizione alla madre di Guido, severissima
ex partigiana, incapace di ogni forma di calore umano. Ma tutto è sfondo e suggestione: il film è il vorticoso meccanismo di libertà, libertà negata, libertà scoperta che si dipana nell’amore passionale tra Guido e Serena, invischiati in loro stessi e nei ruoli fittizi che uno ha attribuito all’altra, come accade in ogni buon matrimonio che si rispetti. Una scoperta del sé che devasta prima di tutto Serena, sotto gli occhi innocenti dei due figli che riescono, ad ogni modo, a testimoniare quell’amore folle senza però lasciarsene sopraffare e sentendosi, nonostante tutto, amati a loro volta. L’infelicità consumante di Serena si rivela il suo viatico verso la libertà individuale, mentre l’apparente insoddisfazione di Guido lascia il posto ad un equilibrio più solido di quanto si aspettasse, che soltanto una volta spezzato è in grado di ispirare la sua vera arte.
Le classiche rette parallele destinate a scontrarsi nel sesso e nel litigio, ma a separarsi con destinazione infinito ognuno verso la propria lancinante realtà. E tutto intorno, un mondo che non è più lo stesso, a partire da Serena innamorata, anche se solo per qualche stagione, di un’altra donna. “Mi sono trovata molto a mio agio con Martina – racconta la Ramazzotti a proposito dell’erotismo saffico sul set – anche meglio che con un partner maschile. E’ stato tutto molto naturale”. La sensualità dell’attrice si arricchisce di una profondità inedita, mentre Kim Rossi Stuart sorprende con una sua nuova invenzione, un personalissimo registro in equilibrio tra comico e drammatico: “Ho girato quasi tutte le scene in più varianti, alcune addirittura alla Buster Keaton, Daniele mi ha lasciato molta libertà nella caratterizzazione del personaggio”.
Come afferma il regista, il film asseconda la sua “curiosità del passato e nostalgia del futuro”. Qualcuno ha parlato di happy ending nel film,
ma invece è proprio una strana malinconia che avvolge lo spettatore fino al suo sospiro finale: è il senso di un amore vero, nella sua terribile verità di non poter resistere al mondo reale.