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“L’arte della felicità” secondo Alessandro Rak

L’esordio del regista napoletano nel film d’animazione prodotto da Luciano Stella apre la Settimana della Critica alla Mostra di Venezia.
A cura di Daniela Scotto
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Nonostante le ben note difficoltà che il genere conosce in Italia, il cinema d’animazione napoletano ha già una sua storia e “L’arte della felicità” ne è un nuovo, promettente capitolo. Il film, realizzato dall’esordiente Alessandro Rak e prodotto da Luciano Stella, porta il titolo dei cicli di incontri tenutisi a Napoli, riflessioni su temi filosofici, religiosi ed antropologici che nel corso delle varie edizioni hanno avuto come protagoniste alte personalità della cultura internazionale.

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Cosa impedisce all’essere umano di rinascere dopo una crisi? Nel suo girovagare, in preda alla disperazione causata dalla perdita dell’amato fratello Alfredo, Sergio attraversa una Napoli apocalittica, ritratta nel momento più drammatico della sua storia recente, quello dell’emergenza rifiuti, aggravata da una pioggia incessante. Il taxi di Sergio ospita una girandola di personaggi, ognuno col suo bagaglio emotivo che sembrano però rispondere tutti ad un unico interrogativo: com’è possibile andare avanti, nonostante le crisi, nonostante il dolore? Un vortice di parole, ricordi, sensazioni, immagini, che giungono ad un’esplosione finale in segno d’apertura verso una nuova fase dell’esistenza.

Tutti conosciamo le difficoltà che la produzione cinematografica incontra in Italia, in particolare al Sud: inevitabile una domanda al regista sul suo rapporto con la città. “Sono originario di Napoli, e per quanto io non abbia voluto realizzare un film su Napoli – ci racconta Rak – “la città è sempre in grado di parlarmi. Non sono soltanto io a dire qualcosa su di lei; è anche lei a dire sempre qualcosa a me”. Il film, realizzato con un budget ridottissimo rispetto agli altri titoli d’animazione di riferimento (800mila euro contro i 2 milioni di euro di “Pinocchio” di Enzo D’Alò o i 6 milioni di euro di “Persepolis” tratto da Marjane Satrapi) cerca di rientrare nel mercato internazionale in cui l’animazione gode di ben altra dignità rispetto all’Italia: “Siamo stati dei folli a credere in questa impresa” ci dice Luciano Stella – “ma non siamo stati i soli. Un software di animazione americano, finora mai utilizzato per lungometraggi, ha deciso di sponsorizzarci”.

Oltre all’animazione, altra grande protagonista del film è la musica: il regista ha potuto contare sulla collaborazione di tanti artisti napoletani, tra cui il gruppo dei Foja, che hanno generato una partitura variegata in un’alternanza di genere a seconda del mood del film. “L’arte della felicità” è un film da vedere e da ascoltare in egual misura, per chi è alla ricerca di un’immagine di Napoli non banale, capace di ospitare una riflessione universale sui rapporti e i sentimenti.

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