La nuova terra di mezzo di Peter Jackson
Dopo il clamoroso successo della trilogia del Signore degli anelli e il mezzo flop, seppur bel film, di King Kong, è arrivata venerdì 12 nelle sale il nuovo film di Peter Jackson, Amabili resti (The Lovely Bones) tratto dall’omonimo romanzo di Alice Sebold . Il film racconta la storia di Susie, ragazzina uccisa da un vicino di casa che, mentre i familiari cercano di capire cos’è accaduto, resta sospesa tra paradiso e terra, provando a interagire coi suoi cari.
Jackson, che torna in un certo alle atmosfere di Creature del cielo, film del ’94 che fece uscire il regista dal novero degli amanti dell’horror e raggiungere una più ampia platea, parla dell’elaborazione del lutto e racconta dei rapporti difficili tra i vari mondi e le varie dimensioni della realtà e del dolore, dividendo il proprio film in due zone visive ma anche narrative: da una parte il nostro mondo, dove i dolori e le paure prendono la forma del thriller, con la sua concatenazione logica e lineare, dall’altro il luogo di mezzo (Inbetween in originale) dove il racconto si ferma e lascia spazio allo spettacolo dell’immaginazione pura.
E’ proprio in questa divisione, e nello scarto tra regia e sceneggiatura, che si trovano i limiti del film e le possibili ragioni del suo flop in Italia come altrove, in un copione che più di una volta chiede allo spettatore di coprire le sue mancanze e di godersi lo splendore visivo del limbo di Susie, ma anche la perfezione delle scene di tensione e la cura dei dettagli ripresi con una minicamera digitale. O forse semplicemente perché da Jackson il pubblico si aspetta uno spettacolo roboante, e un film intimo e quasi spaesato è più difficile da accettare.
Emanuele Rauco