La verità di Meryl Streep: “De Laurentiis non mi scelse perché ero brutta”
"Perché mi avete portato questa cosa così brutta?" Così parlò Dino de Laurentiis durante il provino per "King Kong" nel 1976. L'oggetto delle sue critiche era nientemeno che Meryl Streep, futura diva vincitrice di tre Oscar e di otto Golden Globe (nonché di svariati altri premi, per un totale di 166 riconoscimenti in quarant'anni di carriera). Anche i migliori, evidentemente, prendono delle gigantesche cantonate. A rivelare il curioso episodio è stata la stessa Streep in una recente intervista al "Graham Norton Show", raccontando quanto sia stato traumatico subire un rifiuto così netto da un grande produttore cinematografico.
La beffarda risposta della Streep
Allora ventisettenne, l'attrice si presentò al casting per il ruolo femminile del kolossal "King Kong", ambizioso e costosissimo remake fortemente voluto da De Laurentiis. Il produttore, però, non apprezzò l'aspetto fisico della futura diva e lo dichiarò apertamente al figlio, parlando in italiano. Quello che De Laurentiis non sapeva era che la colta aspirante attrice aveva studiato italiano e lo capì perfettamente, tanto da rispondere beffardamente nella stessa lingua: "Mi dispiace di non essere abbastanza bella per lei".
Dopo quel "no", una carriera straordinaria
Come finì la storia, è cosa nota. Il ruolo della protagonista di "King Kong" andò all'esordiente Jessica Lange (decisamente una bellezza più classica e appariscente) che inaugurò così la sua lunga e felice carriera. Ma quella di Meryl Streep, scartata con così poca grazia per la parte della bella bionda che fa innamorare lo sfortunato scimmione, fu ancora più grandiosa. Un paio d'anni dopo ebbe il suo primo ruolo importante in "Il cacciatore", il capolavoro di Michael Cimino che le aprì la strada a un'infinita serie di personaggi indimenticabili. Dalla cinica ex moglie di Dustin Hoffman in "Kramer contro Kramer" (premiatro con un Oscar) alla sfortunata protagonista di "La scelta di Sophie" (un altro Oscar), dalla coraggiosa operaia di "Silkwood" alla romantica casalinga di "I ponti di Madison County", dalla perfida Miranda Priestly in "Il diavolo veste Prada" alla rigida Margareth Thatcher in "The Iron Lady" (manco a dirlo, ancora un Oscar), il percorso di Meryl Streep è semplicemente unico. E forse, il ruolo della bionda che urla per metà della durata di "King Kong" non le si addiceva troppo. Forse la sua bellezza non è mai stata convenzionale. Ma, negli anni, Meryl ha dimostrato di possedere qualcosa di molto più importante: un talento e un'iconicità ineguagliabili.