Morto Giorgio Arlorio, storico sceneggiatore che scoprì Paolo Sorrentino
Lutto nel cinema italiano. È morto oggi, dopo una lunga malattia, lo sceneggiatore Giorgio Arlorio. Nato a Torino, il 27 febbraio 1929, Arlorio è considerato un maestro assoluto della sceneggiatura, un grande insegnante, un autore politico, impegnato, attivo fino alla fine. Ha lavorato con i più grandi: Franco Solinas, Gillo Pontecorvo, Nanni Loy, Michelangelo Antonioni. Stimava molto Paolo Sorrentino, fu uno dei suoi scopritori attraverso il Premio Solinas. Condivideva con il regista napoletano il fatto di essere entrato nel mondo del cinema dopo una laurea in Economia (stesso percorso condiviso con Michelangelo Antonioni). La camera ardente sarà aperta sabato mattina alla Casa del Cinema di Roma a partire dalle ore 11.
Le opere di Giorgio Arlorio
"Queimada", con Franco Solinas e Gillo Pontecorvo, il suo lavoro più importante. E ancora "Tepepa", "Il mercenario", "Ogro", tutti contraddistinti da un forte spirito civile e politico. Collaborò anche in forma anonima ai film comici di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Scrisse la sceneggiatura de "La Patata Bollente", film cult con Renato Pozzetto e Massimo Ranieri sulla percezione dell'omosessualità nell'Italia degli anni '70. È stato un importante docente del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, profondo, attento al dialogo e allo scambio. È stato un fervente sostenitore del lavoro dei giovani, fino alla fine.
Il compito della critica
In una intervista al magazine Media Critica del 2011, parlò della critica cinematografica come indispensabile per il cinema, in anni in cui il valore della professione del giornalista di settore andava già incontro ai profondi mutamenti della digitalizzazione: "Un film bisogna sempre criticarlo. Esce un film con cui non sei d’accordo, devi dirlo e al tempo stesso devi criticare l’opera. Se non lo fai è come se ti tagliassi una parte del testicolo. Non bisognerebbe mai essere neutrali. L’estremismo non va perseguito a tutti i costi, però un minimo di ricerca sì". Si parlava, in occasione dell'uscita di "Habemus Papam" di Nanni Moretti, della possibilità di criticare anche i grandi maestri: "Si dice sempre quello che si pensa".