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Natalino Balasso come non lo avete mai visto: tra cinema horror e teatro [Intervista esclusiva]

Molti lo conoscono solo come personaggio televisivo, ma in verità Natalino Balasso è un attore con la “A” maiuscola. Dal teatro al cinema indipendente, Balasso investe solo nei progetti in cui crede. Il suo ultimo film si chiama Zoo School, un horror italiano dalle tinte decisamente forti, mentre a teatro, dal 4 novembre, sarà “L’Idiota di Galilea”.
A cura di Anna Coluccino
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Natalino Balasso zooschooli

Vi posso assicurare che conoscere Natalino Balasso è qualcosa che prima o poi nella vita spero capiti a tutti (anche se non so come lui prenderebbe l'idea di "incontrare tutti"…).

Insomma, volendo essere "professionali" fino in fondo, occorre ammettere che, in tutta sincerità, il mio punto di vista su Balasso è decisamente parziale, perché lo trovo una gran persona oltre che un ottimo attore.

Tanto per cominciare è bene sapere che i veri attori non "nascono" con il loro primo passaggio televisivo e non "muoiono" dopo l'ultimo. Ecco perché alle spalle di Balasso esistono ben venticinque anni di carriera, la maggior parte dei quali spesi in teatro (al lavoro con artisti del calibro di Gabriele Vacis, Eugenio Allegri, Jurij Ferrini, Laura Curino) e al cinema (le ultime pellicole in ordine di tempo sono "Zoo School" di Andrea Tomaselli, "La Passione" di Carlo Mazzacurati e "Generazione 1000 euro" di Massimo Venier). I suoi lavori televisivi li conosciamo tutti: è stato protagonista dei primi anni di vita di Zelig (nel biennio 2002/2003) e ha spesso affiancato la Gialappas in varie edizioni di Mai dire gol. Ma Balasso è anche scrittore. Infatti, oltre che autore di numerosi monologhi da lui interpretati, è padre di tre romanzi: "Il figlio rubato" (Kellerman, 2010), "Livello di guardia" (Mondadori, 2007), "L'anno prossimo si sta a casa" (Mondadori, 2004). Inoltre, dal 2010, collabora con IlFattoQuotidiano.it.

Non ve l'aspettavate eh? Ed ecco perché ho voluto intervistare Natalino Balasso. Per presentarlo, come si deve, a chi ancora non lo conosce, e raccontare insieme a lui di un progetto di cinema indipendente (in uscita il prossimo anno) che ci auguriamo riscuota il successo che merita: Zoo School.

Intanto, se avete voglia di varcare la soglia della vera "identità" di Natalino Balasso, beccatevi l'intervista -decisamente non convenzionale- che abbiamo realizzato per voi.

Intervista a Natalino Balasso

Allora Natalino… Innanzitutto volevo dirti che avrei pensato a un titolo del tipo “Natalino Balasso come non lo avete mai visto”, così la gente clicca sul link pensando di trovare delle foto di te nudo e si becca l’intervista politico-intimista che parla di cinema indipendente, che dici? 

(ride) Assolutamente sì.

Poi occorre concordare un'altra cosa: rendiamo pubblica la nostra conoscenza o agiamo nel buio servendoci dei pronomi di cortesia? Insomma: professionali e ipocriti o caciaroni e sinceri?

Facciamo caciaroni e sinceri.

Comincerei da qui: tu hai sempre rifiutato di partecipare ai classici cinepanettoni, ma poi ti sei impelagato nel cinema indipendente in compagnia di uno stuolo di manigoldi che si ostina a credere che per fare del buon cinema si debba partire dal raccontare delle buone storie, e così hai fatto Zoo School invece che NataleDaQualcheParte, quante volte al giorno ti maledici per questo?

(ride) No, non mi maledico perché non maledico mai le mie scelte. Diciamo che preferisco il cinecastagiaccio al cinepanettone, perché il cinecastagnaoccio con il suo non so che di autunnale e orrido mi attira molto di più. Inoltre sono un appassionato spettatore di horror, e in Italia è molto difficile fare dei cinepanettoni horror. Perché sai, qui quel che conta è che la gente non si spaventi… Poi si possono fare le cose più orrificanti, terribili, anche a livello politico, dove ad esempio l’horror lo fanno benissimo, ma al cinema no, perché poi la gente ha paura.

ZooSchool_natalino

A parte che per la possibilità di incontrare splendide e superlative attrici irpine (ehm ehm), perché hai voluto lavorare sul set di un film come Zoo School?

Direi che il vantaggio principale è quello. Anche perché c’è tutto un seguito del film da fare e di cui stiamo ancora discutendo… (rido n.d.r.) Ma, in genere, tutto parte dalla lettura delle sceneggiature dei film che mi propongono. Intendiamoci: non sono Johnny Deep, non è che me ne propongano cento all’anno, ma qualcuna lo propongono anche a me. Allora leggo, e devo dire che mi propongono molti film, tra virgolette, commerciali, però se non mi piace la sceneggiatura, a prescindere da chi ci lavora, che magari mi può anche interessare, dico di no. Di Zoo School mi piaceva la sceneggiatura, conoscevo alcune delle persone coinvolte nel progetto e quindi ho voluto farlo. Si tratta di un principio molto semplice che, in ogni caso, non ha nulla a che vedere con un atteggiamento snob, è solo che faccio davvero molta fatica a fare cose che non mi piacciono.

La tua vita, per quanto improntata alla sobrietà, alla semplicità e alla ricerca di una distanza di sicurezza dalla freneticità del mondo contemporaneo è anche fatta di felici incontri con le moderne tecnologie. Hai una pagina Facebook che gestisci in prima persona e ti occupi frequentemente di attualità con sagacia e senso critico, cosa ci trovi di interessante nella modernità? 

Oddio, intanto vorrei precisare che nel mio caso la parola “sobrietà” equivale a una speranza mal riposta… E riguardo alla tecnologia, quel che noto io è che ha semplicemente offerto la possibilità di mettere in comunicazione “tutti”. Ma non mi sembra che per il resto si possa parlare di grandi passi avanti. Io appartengo a una delle generazioni passate, quelle che sono cresciute con il telefono di casa che riceveva due, tre telefonate in una settimana, si comunicava soltanto faccia e faccia o attraverso qualche rara lettera, soprattutto in ambienti non avanzati culturalmente… Eppure non mi sembra che adesso che c’è la possibilità di intervenire direttamente (di ascoltare, di leggere, di vedere) ci sia una maggiore propensione alla conoscenza da parte della gente, c’è ancora la stessa cecità. Mi sembra che sia aumentata soltanto la “mole” della comunicazione, ma non la qualità. Io utilizzo questi mezzi perché sono un nottambulo, dormo poco, vengo risvegliato dai mostri… Ma non ho una fiducia cieca in questi sistemi e non penso che la tecnologia ci libererà, purtroppo -o per fortuna- dovremo farlo da soli.

ZooSchool intende mostrare allegoricamente (di questi tempi è bene sottolinearlo) come la dolorosa violenza sociale e culturale cui veniamo sottoposti ogni giorno da molti anni finisca per scatenare una violenza di tipo “fisico”. Il tutto, nel film, viene circoscritto all’ambito scolastico.  Cosa pensi di chi sostiene che certi film istighino alla violenza?

Credo la violenza dipenda più che altro dall’educazione civica e dall’idea che si ha di “discussione”. Io lo vedo anche nelle discussioni scritte, non so se avvenga anche in altre nazioni, ma quando leggo i blog o le pagine Facebook in cui ci sono delle discussioni, noto che siamo capaci di litigare persino per iscritto. E voglio dire: ce ne vuole a scaldarsi per iscritto. Eppure riusciamo ad essere irritanti e irritati anche attraverso la scrittura. Questo deriva, secondo me, da una cattiva educazione ricevuta, almeno in Italia (parlo dell’Italia perché non conosco le altre nazioni, non vado molto all’estero). Per il resto non immagino che esistano modelli che possano scatenare “violenza per emulazione”, a questo credo molto poco. Ho sempre fatto l’esempio del pubblico del calcio che fa le risse: molta gente pensa che a provocarle sia un certo atteggiamento dei giocatori, ma se così fosse durante un incontro di pugilato dovrebbero spararsi sugli spalti. Invece penso che la violenza, anzi, possa essere sublimata attraverso lo sport o il cinema. E ti dirò di più: proviamo ad andare a vedere la storia dei dieci, quindici più terrificanti serial killer del mondo. Non erano appassionati di film horror. Erano persone che leggevano la Bibbia, e ferventi cirstiani per lo più. Insomma, a questa famosa “violenza per emulazione” io non ci credo.

ZooSchool_balasso_nat

Credi ci sia una “scienza” dietro l’annientamento della scuola pubblica o che sia banale miopia politica?

Forse c’è una via di mezzo. Sicuramente da un lato si tratta di miopia politica, dall’altro, sebbene non creda agli uomini in nero o a qualche gruppo organizzato che vuole distruggere la scuola, credo che l’indebolimento della scuola pubblica possa fare molto gioco a una qualche forma di potere che non crede nella democrazia. Perché, come diceva il ministro Calamandrei negli anni ‘50 e quindi nell’immediato dopoguerra, la scuola pubblica non è mai stata controllabile. Nemmeno il fascismo è riuscito a controllare al cento per cento la scuola pubblica, e quindi la scuola potrebbe diventare un grosso elemento di critica, il che per un potere che tende all’assoluto ovviamente diventa una spina nel fianco. Inoltre c’è il fatto che viviamo in un epoca in cui tutto ciò che è pubblico viene ritenuto parassitario, attraverso -tra l’altro- dei sillogismi ben strani, perché se ci pensi, ad esempio, nessuno trova parassitario l’esercito, eppure è pagato con le tasse d tutti e non produce denari. Insomma: si fanno strani pesi e strani misure.

A questo punto, onde evitare che si dica che questa è un’intervista eversiva (parola piuttosto di moda di questi tempi) direi di stemperare con una domanda squisitamente professionale riguardante i tuoi impegni teatrali. Il prossimo 4 novembre comincia la tournée del tuo nuovo spettacolo dal titolo “L’idiota di Galilea”… Ok. A quanto pare non usciamo facilmente dal politicamente scorretto. Che genere di tematiche metti in scena? In che modo unisci l’Idiota di Dostoevskij e i racconti evangelici?

Il discorso è piuttosto lungo, cercherò di sintetizzarlo. Il politicamente scorretto in realtà c’entra molto poco con lo spettacolo. L’idiota di Galilea è solo un idiota che, per l’appunto, vive in Galilea e fa l’aiuto falegname: pialla il legno, eccetera… È uno spettacolo che si interroga sugli ultimi, gli ultimi della terra, sulle persone che noi democratici diciamo di amare tanto, ma che se diventano i nostri vicini di casa rischiamo di strozzare. In realtà, tutte quelle persone per cui diciamo di prodigarci e che crediamo abbiano bisogno di noi, sono spesso le persone che non ci piacciono. E dobbiamo tenerlo presente questo. Se noi non siamo capaci di aiutare o di andare incontro alle persone che non ci piacciono, allora non siamo capaci di aiutare. Questo è il grande interrogativo intorno alla cultura cristiano-cattolica che ci permea. Detto questo, la storia contenuta nel monologo prende l’abbrivio dalla lettura di testi che non sono molto “cristiani” (a parte alcuni vangelo apocrifi, qualche vangelo gnostico), per lo più c’è la lettura di filosofi greci come Epitteto o storie molto collaterali. Diciamo che se noi, temporalmente, ci avviciniamo all’anno zero, troviamo in Palestina moltissimi movimenti, che andavano da quelli armati (tra l’altro citati anche nel vangelo in occasione della passione di Cristo) fino a movimenti filosofico-salottieri dei patrizi, dei nobili dell’epoca: si trattava insomma di movimenti molto variegati. Tutto questo clima e questo fermento è oggetto del monologo. Quindi non è un monologo che racconta la storia del vangelo, che è stata già raccontata in mille salse e non si sente la mancanza di Balasso che ne racconti una sua versione.

Tu sei un appassionato di cinema horror e -giacché ora come ora serve una domanda davvero distensiva- mi dici qual è la scena cinematografica che ti ha più spaventato nella vita e perchè?

Io mi spavento molto poco. In genere però mi spaventano le scene o alcune cose contenute in certi libri che hanno la capacità di evocare i “fantasmi” invece che mostrarli. Per cui devo dire che, ad esempio, le scene di uccisione, di sangue, strangolamenti, onestamente mi lasciano molto freddo. Mentre ad esempio, in alcuni film coreani, quelli nei quali ci sono i fantasmi che vengono rappresentati come persone reali che se ne stanno in un angolo e stanno zitti, a me un po’ spaventano se devo dire la verità. Mentre, le classiche inquadrature dei film de paura in cui c’è, per dire, una persona tranquilla che mangia o legge il giornale e arriva un’ombra che attraversa velocemente la scena con un rumore che fa: ssscfrum (ridiamo sonoramente n.d.r) quello mi spaventa sempre poco. Mi spaventano le evocazioni. Nell’horror vado a cercare più le storie ben costruite, ben congegniate, anche perché sono pochissimi i film che mi piacciono veramente.

Un esempio di film che va in questa direzione e che hai amato?

Beh, su tutti "Haute tension" (tradotto in Italia con “Alta tensione” come un film di Mel Brooks, ma non è lo stesso film..). Innanzitutto, la prima cosa veramente orrificante di questo film è che all’inizio del film si canta una canzone dei “Ricchi e Poveri”, anche se è un film straniero, e questo già ti fa entrare in un clima piuttosto spaventoso… E poi c’è il fatto che va a scavare all’interno della mente umana e questo per me è sempre interessante.

Haute Tension – Scena iniziale

Film horror francese di Alexandre Aja, con colonna sonora dei Ricchi e Poveri

Ecco, per l’appunto: cosa ci trovi di così interessante nel cinema horror?

Forse considerarmi un appassionato di cinema horror non è la definizione giusta, perché io li guardo tutti, è vero, ma poi son pochi quelli che mi piacciono. Però, quando un film horror mi piace, mi piace più degli altri film perché secondo me riesce a scavare meglio nella mente umana. Tornando al discorso di prima, se mi è tanto piaciuta la sceneggiatura di Zoo School è perché usciva dal “genere”, infatti non lo si può definire un film pienamente horror, anche se ne ha molti elementi.

(Lo sai che la domanda sul periodo Zelig/Mai dire gol te la devo fare vero? Non pensavi mica di scamparla? Mi perdoni?) Tu hai fatto parte del cast della prima “fase” di Zelig, quali differenze principali noti tra le prime edizioni e quelle odierne?

Per poterlo dire dovrei aver visto quelle odierne, ma non le ho viste, quindi… L’unica cosa che ti posso dire è che mi piaceva pochino anche quando lo facevo, perciò immagino che adesso mi piacerebbe ancor meno.

Come sono nati i personaggi di Anatoli Balash e Berto?

Sono personaggi teatrali. Io non ho mai creato personaggi ad hoc per la televisione, anche se poi i giornali lo scrivono, perché poi si scrive sempre di questa roba qua, ma questo dipende un po’ anche dalla nostra cecità, considera che stiamo parlando di cose di dieci anni fa… La verità è che io faccio delle cose in teatro da sempre, da venticinque anni, e quando una cosa mi piace la propongo. Adesso non più, lo facevo prima, perché onestamente adesso di fare televisione mi interessa veramente poco. Ho portato in televisione delle cose che in teatro funzionavano bene, quindi Anatoli Balash faceva parte di un recital che facevo in teatro, nel quale c’era una specie conferenza sulla storia dell’umanità e c’era questo professore che piaceva molto alla gente, anche se trattava di argomenti inconsueti come l’archeologia o la religione. Berto invece è tratto da una commedia che ho fatto nel 2002/2003 e che si intitolava “Dammi il tuo cuore, mi serve”; la commedia trattava una vicenda di mala sanità e c’era questo Berto che faceva il factotum dentro un convento di frati, un personaggio molto semplice, che poi è piaciuto a quelli della Gialappa's e hanno voluto portarlo in televisione.

Se Berto dovesse spiegare l’odierna situazione economico-finanziaria, le speculazioni bancarie che stanno portando l’Europa al collasso e tutte le cose di cui, anche tu, parli tramite la tua pagina Facebook, cosa direbbe?

Io credo che Berto direbbe: c’è un grosso problema economico che si sta inerpicando in tutta Europa. E che questo problema economico è che non c’è soldi.

A quali nuovi progetti stai lavorando in questo momento?

In questo momento, sono preso da “L’Idiota di Galilea”, che è un monologo non comico e ogni volta che esco dalle corde del comico mi sento sempre poco rilassanto…

Del resto anche in Zoo School non hai un ruolo comico…

Difatti non ero mica tanto rilassato a fare Contin! Onestamente l’unica cosa che mi rilasserebbe veramente è fare il seguito di Zoo School nello sgabuzzo con la bidella. Non faccio il nome dell’attrice perché sarà una sorpresa…

Natalino sul set di Zoo School

Natalino Balassa parla del suo personaggio in Zoo School e del perché ha accettato di partecipare

(rido) Mi sembra giusto. Condordo.

Comunque, al momento sto anche ragionando con Jurij Ferrini (un attore che ammiro moltissimo con cui a febbraio riprenderò la tournée de “I Rusteghi” di Gabriele Vacis) di preparare una versione di “Aspettando Godot” fatto da noi due.

Fantastico! Va bene, dai, mi fermo qui. Un’ultima domanda: ti sto ancora simpatica?

Ma tu mi starai sempre simpatica!

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