Robert Redford dice addio al Sundance: “Non siamo più come eravamo”
Dalla fine degli anni '70 il Sundance Film Festival è l'isola felice delle produzioni cinematografiche autonome, del cinema d'autore, un approdo sicuro contro le logiche commerciali che vincolano la comunicazione cinematografica a canoni prestabiliti che tendono a quadrare il pubblico, educarlo all'abitudine. Fu Robert Redford, prima di tutti, a credere in questo progetto (il nome del festival deriva da un suo personaggio), al punto da creare una fondazione che si occupa dell'organizzazione del festival di fine gennaio da 35 anni circa. Ma quest'anno Redford, che di anni ne ha oramai 77, ha espresso disappunto per la deriva che la manifestazione ha preso, e forse ha anche denunciato un'onesta consapevolezza di non avere più l'energia di un tempo.
In un’intervista rilasciata all’Hollywood Reporter, in occasione dell’apertura della 30esima edizione del Sundance, si dichiara deluso di come si sta evolvendo la gestione del festival sottolineando che “non siamo più come eravamo”. Si dichiara pronto a lasciarlo: “A volte serve un cambio della guardia e questo riguarda anche me”, ha affermato Redford che non si riconosce più nel festival spiegando che “le forze del business e del marketing lo hanno trasformato in qualcosa di molto diverso dallo spirito originario”. Secondo il suo parere c'è stato uno spostamento dell'orizzonte rispetto a quello che dovrebbe essere l'obiettivo originario della manifestazione: “purtroppo il film indipendente è davvero in balia di distribuzione. Ed è un osso duro. Il nostro compito è quello di fornire l’opportunità per essere visto”. E' davvero l'anticamera dell'addio.