Rupert Everett: “A Hollywood se sei gay, non distribuiscono i tuoi film”
Rupert Everett è stato ospite della 61esima edizione del Taormina Film Fest. L'attore ha ironizzato su cosa significhi essere omosessuali a Hollywood. In un'intervista rilasciata a Repubblica ha dichiarato:
"Per me essere gay a Hollywood non rappresenta più un problema, anzi, quando diventi una vecchia frocia ti si aprono molte porte: se mi mettono una scopa in mano, posso anche interpretare una strega".
Quindi ha precisato:
"Il problema non è Hollywood, sono le lobby degli esercenti. Nessuno ti impedisce di fare film perché sei gay, ma poi quei film non vengono distribuiti, le sale non li prendono, e se un film non va in sala la tua carriera ne fa le spese. La cosa buffa è che è pieno di etero che vogliono interpretare gay, ma il contrario non si può fare. Il difetto della nostra epoca è che la grande libertà ha portato anche a una recrudescenza di puritanesimo. Qualcosa sta cambiando, ma lentamente, negli Stati Uniti e in Europa".
Si è detto, poi, entusiasta del sì dell'Irlanda ai matrimoni gay. Parlando della sua carriera, invece, ha spiegato che da tempo sta lavorando ad un film che ripercorre le tappe della vita di Oscar Wilde e in merito al grande successo in Italia, del film "Il matrimonio del mio miglior amico" ha commentato:
"Quella scena fu girata sei mesi dopo la fine delle riprese. Non avevo un gran ruolo all'inizio, ma col passare del tempo il regista J. P. Hogan e io diventammo molto amici, e fra le varie sequenze fu aggiunta anche quella. Un bel ricordo, ma quando hai successo con un film così, rischi che ti propongano solo ruoli di quel tipo, il migliore amico gay. Alla fine ti stanchi tu e si stufa il pubblico. Per questo dissi no a Il diavolo veste Prada, dove avrebbero voluto replicare il personaggio".
Nonostante il tempo stia passando velocemente, Everett non vorrebbe tornare giovane: "Non vorrei essere giovane. Il mondo è afflitto da una crisi globale, non ci sono prospettive, la parola "futuro" non ha più grande significato. Un brutto affare, essere giovani oggi".