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Un film per non dimenticare l’attacco coi gas in Siria già da domani

White Helmets è il documentario Netflix premiato con l’Oscar sulle vite dei caschi bianchi, persone che mettono a rischio la propria vita per salvare i civili in Siria, vittime di bombardamenti. Dopo gli inumani attacchi con armi chimiche, è un modo per stampare nella nostra mente queste stragi, seppur seduti sul divano di casa.
A cura di Andrea Parrella
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In queste ore, scrollando con un dito le home di Facebook, vi sarete ritrovati a guardare le immagini degli attacchi con armi chimiche in Siria. 58 morti, di cui 11 bambini, è il bilancio di quello che è solo l'ennesimo, brutale evento di un'interminabile catena iniziata sei anni fa. Trovare l'aggettivo giusto per descriverle, queste immagini, è praticamente impossibile, oltre che inutile. Nemmeno la più ricercata delle parole potrebbe rendere quel coacervo di sdegno, schifo, disprezzo, vergogna, paura. Possiamo solo provare a fare una cosa: non dimenticare. È paradossale come spesso non ricordiamo di farlo.

C'è un documentario, che racconta in un modo incredibilmente preciso e intenso la vita di chi, ogni giorno, mette a rischio la propria vita per salvare quella dei siriani innocenti, vittime di bombardamenti aerei. White Helmets è un'immersione nella vita quotidiana dei Caschi Bianchi, associazione umanitaria di volontari che opera proprio sul territorio siriano, al fine di garantire soccorsi e supporto medico alle vittime del conflitto che da anni devasta la popolazione. Il documentario diretto da Orlando Von Einsiedel ha vinto il premio Oscar 2017 ed è stato acclamato dalla critica, ma il punto non è questo.

Le immagini dei caschi bianchi in azione e le loro parole spingono lo spettatore nel caos totale che regola il presente di questi volontari. Si tratta di una sensazione fisica, non solo psicologica. I White Helmets possono essere ex miliziani che hanno scelto di salvare vite anziché prenderne, persone che hanno perso tutti i loro cari ed hanno trovato un rifugio emotivo solo in questa opera umanitaria, oppure semplici uomini che hanno fatto una scelta. Vita è la parola chiave dell'esistenza stessa di questi eroi comuni. Mahmud, un neonato estratto vivo dalle macerie dopo ore passate a scavare, è il filo conduttore, rappresenta il senso della loro scelta. Lo ritrovano qualche anno dopo, quando è già cresciuto, e la consapevolezza di aver salvato una persona lenisce il dolore per la perdita di tutti quelli per i quali non sono arrivati in tempo. Non lo rimuove, ma quasi riesce nell'impresa di compensarlo. Mahmud è un bambino, come quelli colpiti dagli attacchi con gas Sarin, quelli con gli occhi spalancati e difficoltà a respirare che state vedendo nei video di queste ore sui vostri smartphone. Non sarà certo la visione di White Helmets (disponibile su Netflix) a salvarci dall'indifferenza cronica che proviamo verso notizie di questo tipo, spesso giustificati dalla sovrabbondanza e la frequenza di queste immagini; eppure, se ci muoverà anche di un solo centimetro verso la comprensione dell'inumanità di scena in Siria ogni giorno, da anni, allora sarà servito a qualcosa.

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