Vincenzo Salemme e l’ultimo saluto a Luca De Filippo: “Amico mio, spero di rivederti”
Vincenzo Salemme ha trascorso 15 anni in compagnia con Luca De Filippo, prima con Eduardo capocomico e, con il ritiro dalle scene del grande drammaturgo, con Luca. Il rapporto tra i due è sempre stato noto alle cronache come una grande amicizia, una stima professionale ed un sodalizio artistico "d'altri tempi". Ed è proprio di quegli "altri tempi" che parla il ricordo di Luca che Vincenzo Salemme ha pubblicato sulla sua pagina personale Facebook, parole che sembrano quasi dare sollievo all'artista apparso spesso "malinconico", talvolta frenato dalle responsabilità di quel cognome così importante: "Smetti quel sorriso malinconico" – gli dice Salemme – "perché devi essere fiero di quello che sei stato: un uomo perbene e responsabile, un uomo schivo e un artista coraggioso".
Caro Luca, ti scrivo quando sono passati due giorni dal tuo addio, quando il tempo mi sembra dilatato, quando gli anni che porto, d'improvviso, mi sembrano aumentati. Mi hai portato via un pezzo delle nostra bella giovinezza e mi sento decisamente più vecchio, mi pare di aver perduto per sempre un mondo che non tornerà mai più. É sempre così ovviamente, per tutti. Ma io mi riferisco anche al mondo del nostro lavoro che era così diverso da ora! Esistevano le lunghe tournée, si partiva agli inizi di ottobre e si finiva ai primi di giugno. Nove mesi di tournée! Era come andare a fare il militare. E quante ne abbiamo fatte insieme? Dunque, vediamo: sono entrato nella compagnia di tuo padre nel 1977, quando si registravano le sue commedie in TV. Altro mondo anche quello. Si impiegavano mesi per registrare ogni singola commedia. Tu eri un ragazzo, io poco più che un bambino. Per me eri però già un mito perché ti avevo ammirato nei panni di un Felice Sciosciammocca di pochi anni prima. Eri fantastico in quel ruolo perché eri originale. Originale. Sottolineo l'aggettivo perché é la prima e più importante cosa che ho imparato da te che detestavi le convenzioni in genere ma nella recitazione poi… Non eri napoletano, eri nato a Roma e non parlavi bene la lingua partenopea. Ma ti piaceva molto e la recitavi come fosse per te una lingua straniera. È già questo ti rendeva diverso.
Eri un ragazzo, sposato con una bellissima Annamaria e a differenza di tutti gli attori che dicevano di fare il mestiere per passione tu rifiutavi questo aspetto tardo romantico in favore di una professionalità al passo coi tempi. In realtà dicevi di amare la fotografia. Credo fosse un modo anche quello per nasconderti. Per nascondere il tuo amore profondo per tuo padre, per una sorella persa troppo presto, per il teatro… non lo so… Io dal 1977 sono rimasto ininterrottamente accanto a te fino al 1992. Mi hai fatto conoscere le cose più belle che un ragazzo di paese come me non avrebbe mai altrimenti potuto conoscere. I personaggi famosi (attori, attrici, cantanti, un grande critico eno gastronomico, il mitico Veronelli), mi hai fatto mangiare nei migliori ristoranti italiani quando ancora non infuriava la moda del gastro-show, ho comprato con te il vino delle Langhe quando ancora gli italiani non erano tutti sommelier, mi hai ospitato sull'isola Isca, col generatore per la corrente che si doveva spegnere alle 10 di sera per evitare eccessivi consumi di gasolio, con dei tafani che al confronto le zanzare erano allergiche al sangue (ricordo una sera che Gianfelice si vantava di essere impermeabile alle punture di insetto perché mangiava l'aglio e il giorno dopo era gonfio come un pallone!), le mangiate nella bella cucina che Eduardo aveva arredato con tutti i mobili ricavati dalle varie scenografie dei suoi spettacoli… E le pescate sul gozzo al tramonto, e poi l'autunno in arrivo e le trattative con gli attori per i nuovi contratti, tu col tuo sigaro o la tua pipa che ti fingevi cinico e severo perché in fondo credo che avessi profondamente paura di mostrarti per quello che eri, perché in fondo, credo, temessi di non essere accettato. E allora prima che tu vada via per sempre, io ti voglio ricordare tutti i successi che abbiamo vissuto insieme, tutte le risate e gli applausi che ci hanno sommersi negli anni, uno dopo l'altro. Ti voglio ricordare l'amore del pubblico, non quello degli intenditori sempre bravi a consigliare "le scelte giuste", "il giusto percorso di un artista indipendente dall'eredità paterna" ecc… No, io ti voglio ricordare tutte quelle persone che uscivano di casa per riempire la sala (dopo il ritiro di Eduardo dalle scene nel 1980, 12 anni di tournée insieme, con te capocomico e credo di poter dire che abbiamo fatto sempre teatri esauriti, in ogni città, in ogni stagione). Altro che gelo! Eduardo (che amo di un amore sconfinato e lo sai) quella sera a Taormina parlava della sua storia non della tua, non della nostra. Tu hai ricevuto dal pubblico un amore grande, tutto tuo, solo tuo. Si apriva il sipario e ti sceglievano. Ed io lo posso dire. Perché io lo so. Perché io c'ero. In tutti i chilometri, centinaia di migliaia di chilometri di strade e autostrade percorsi insieme, con la neve con la pioggia o col sole, io ero sempre seduto accanto a te come la sera a cena dopo lo spettacolo, spesso da soli, spesso in silenzio, uno di fronte all'altro, senza nasconderci le delusioni ma senza negarci le gioie, come solo i fratelli possono fare. Ti saluto amico mio, e smetti quel sorriso malinconico perché devi essere fiero di quello che sei stato: un uomo perbene e responsabile, un uomo schivo e un artista coraggioso. Spero proprio di rivederti presto. Ti abbraccio.