“Lo Hobbit 2” sta arrivando, Richard Armitage: “Thorin finalmente avrà successo” (INTERVISTA)
Il secondo capitolo della trilogia di film tratti da Lo Hobbit, il capolavoro di J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit: La desolazione di Smaug, continua a seguire le avventure del protagonista Bilbo Baggins (interpretato dall'attore Martin Freeman) nel suo viaggio con il mago Gandalf (Ian Mckellen) e i tredici nani, capeggiati da Thorin Scudodiquercia (Richard Armitage), verso l’epica ricerca per reclamare il Regno dei nani di Erebor. In attesa di vederlo al cinema, dal prossimo 12 dicembre, Fanpage propone in esclusiva un'intervista a Richard Armitage, il Thorin della saga.
Com’è Thorin quando lo incontriamo in questo film, e quanto è diverso dal Thorin del primo film?
RA: Penso che una delle cose interessanti di Thorin nella sua impresa sia quando è presente Gandalf e deve sottostare alla sua autorità. Thorin ha sempre capito che è Gandalf a condurre. Perciò Thorin nel secondo film, quando Gandalf è assente dai Nani, ha finalmente il controllo della situazione. Ma sfortunatamente, sembrano affrontare maggiori difficoltà. Penso che farsi incarcerare nel Regno dei Boschi dagli Elfi, sia il punto più basso che potevano toccare nell’impresa. Sono privati di ciò che possiedono, di tutte le loro armi e la speranza è perduta. Questo è il fulcro del secondo film per quanto riguarda lo sviluppo del personaggio. Penso che questo sia il momento in cui Thorin si rende conto che Bilbo non è solo uno degli uomini nell’impresa, ma sarà invece determinate nel recuperare l’Archepietra. Quindi è questo ciò che fondamentalmente vediamo accadere a Thorin in questo arco narrativo, che rappresenta un tassello nell’affermazione del suo successo.
Sulla base di queste premesse, in questo film, Thorin, pone il suo sguardo sulla Montagna Solitaria, la perduta terra natia. Che effetto ha su di lui?
RA: È così interessante perché è un continuo e complicato tira e molla, di cui ero a conoscenza dal principio, e capire come interpretarlo è stata una grande sfida. L’impresa è il motivo che lo spinge a proseguire. La mappa e la chiave sono i catalizzatori che lo spronano, la promessa del suo Regno, del suo trono, che è molto personale, e la promessa di reclamare tutta la ricchezza per il suo popolo, anche questo è molto personale. Ma al tempo stesso, il terrore e il demone che risiede all’interno della Montagna lo respinge al punto da starne lontano, tanto quanto ne è attratto. È molto complicato, è un momento di forte emotività per loro.
Hai detto che quando avevi iniziato ad interpretare questo ruolo, la fiducia che aveva Peter Jackson nei tuoi confronti ti ha aiutato a trovare il leader che c’è in te, per interpretare Thorin. Come ha giocato questo fattore, nel proseguire questo viaggio?
RA: Penso dipenda in parte dal trovare il mio amore per il personaggio, perché in principio non lo amavo particolarmente. Spesso non mi trovavo in accordo con il suo modo di essere, ero in contrasto, ma cercavo di difenderlo. Ma penso di aver trovato quel suo tratto che me l’ha fatto amare, come la lealtà verso i suoi uomini e il fatto che sarebbe pronto a morire per loro. E poi, tornerei al momento in cui raggiungono la Montagna Solitaria, e lui guarda in faccia i suoi compagni d’avventura, i Nani — è un momento fantastico. Ho trovato un altra sfaccettatura di Thorin in quell’occasione, sopraffatta dall’esperienza. Anziché essere tronfio dal trionfo ottenuto, era come se dicesse “l’abbiamo fatto insieme”. Quindi questa è stata la mia motivazione nel film.
Mi puoi raccontare degli elfi che catturano Thorin e la Compagnia nella foresta del Bosco Atro? Come si sente Thorin nei confronti degli elfi?
RA: È il peggior incubo di Thorin. Intendo, i Nani e gli Elfi in generale hanno avuto un passato alquanto antagonistico. Sono stati in guerra, ma questa è una questione personale. Quando sono stati annichiliti e obbligati a lasciare la Montagna per andare in esilio, Thorin ha alzato lo sguardo in maniera supplice verso Thranduil, quasi chiedendogli aiuto. E Thranduil ha voltato le spalle su tutti loro e ha negato qualsiasi asilo, obbligandoli a vagare nella Terra di Mezzo come vagabondi, per rifarsi una vita sulle Montagne Blu. Non penso sia qualcosa che sia stato in grado di dimenticare. Perciò essere catturato da loro, portato al cospetto di Thranduil, e rinchiuso in prigione, quello è il momento in cui penso che Thorin tocchi il punto più basso della sua carriera. Ma prima di essere rinchiuso esprime i suoi sentimenti a Thranduil. Gli dice “Questo è ciò che hai fatto al mio popolo. Questo è il motivo per cui c’è antagonismo tra noi e il motivo per cui non ti perdonerò mai”. Quindi, in qualche modo c’è una certa soddisfazione nel poter dire quelle cose, ma nonostante tutto, Thranduil li fermerà e non potranno fare il viaggio quando li rinchiuderà nei sotterranei — dove i prigionieri scopriranno accidentalmente che le serrature sono state ideate e costruite da Nani, e sanno quindi che non riusciranno ad uscire.
Tu e il resto del cast e della troupe avete girato delle scene di pick-up in Nuova Zelanda. Come è stato rimettersi addosso gli stivali pesanti e riunirsi ai ragazzi?
RA: Meraviglioso a dire il vero. Ho rimesso piede in quei luoghi prima che iniziassimo le riprese di pick-up ed è stato come non essere mai andati via. Mi ero preparato. Sapevo che mi sarei reimmerso nel personaggio ma ci sono voluti un paio di giorni per ritrovare il personaggio. Ero con un piede dentro e un piede fuori per un’intera giornata di riprese, poi l’ho ritrovato. Ma penso che tutti siano tornati con un senso di soddisfazione per quanto avevamo fatto con il primo film. Tornare ai momenti di pick-up ha comportato ritrovare quanti più dettagli possibili per i personaggi, definendo quella storia e affilando la lama per il secondo film.
Come è stato lavorare di nuovo con Peter, l’esperienza è stata uguale o diversa?
RA: È stata diversa. Penso che tra noi sia accresciuto il senso di fiducia. C’è sempre stato, ma credo che sia molto più evidente quando riprendi a girare con qualcuno. Lavorava in maniera ancor più meticolosa. Abbiamo avuto molte più scorciatoie per arrivare alle cose perché capivo perfettamente cosa voleva, senza che ci fosse bisogno che me lo chiedesse. Talvolta questa cosa ti coglie di sorpresa. Rientravo la sera immaginandomi come sarebbe stata la scena all’indomani, e la mattina dopo Peter mi diceva esattamente ciò che mi ero immaginato. Mi dicevo “siamo davvero sulla stessa lunghezza d’onda”. Quindi quella è stata una cosa meravigliosa. E nelle ultime due settimane di riprese eravamo io e Peter a lavorare insieme. Ci siamo spinti al limite e siamo riusciti ad andare fino in fondo arrivando all’ultima settimana insieme. Tutto quello che posso dire è che il nostro rapporto è basato sulla fiducia.
Alcuni personaggi appariranno per la prima volta nel secondo film, come Legolas, Tauriel, Thranduil e Beorn. Mi puoi raccontare di come è stato lavorare con Orlando Bloom, Evangeline Lilly, Lee Pace e Mikael Persbrandt?
RA: Purtroppo l’unico personaggio con cui non ho avuto modo di lavorare è stato quello di Evangeline, anche se a un certo punto siamo nella stessa scena e tra noi c’è uno scambio di sguardi. Ma mi sono molto divertito a lavorare con Mikael, Lee e Orlando. Avevo una scena incredibile con Lee, che mi ha dato gran soddisfazione interpretare, perché come dicevo prima, è l’occasione di sentire i Nani che rivendicano ciò che gli spetta e non è frequente sentirli in questi termini. Anche con Orlando c’è stata una scena pazzesca dove prende Orcrist da Thorin e crede che Thorin l’abbia rubata dagli Elfi perché Orcrist è una lama elfica.
Dall’uscita in sala di Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato, la tua vita è cambiata in qualche modo? Le persone ti avvicinano per parlare del tuo personaggio?
RA: Le persone non ti riconoscono subito. Ma c’è stata un’occasione particolare. Stavamo promuovendo l’uscita del film in DVD in Australia. Ho risposto ad alcune domande del pubblico in un cinema ed ho avuto un’ottima ricezione. Ho davvero sentito l'entusiasmo per i film, ma anche per il mio personaggio.