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Michael Moore racconta l’Europa (e l’Italia): “Gli Usa devono imparare da voi”

Il regista ha presentato al Toronto Film Festival il suo ultimo documentario “Where to Invade Next”, un reportage satirico che parte dalla lunga storia delle invasioni da parte degli Usa, per poi mettere a confronto la società americana con quella dei Paesi europei, tra cui l’Italia. Che, a sorpresa, sembra essere addirittura addirittura “più avanti” dell’America.
A cura di Valeria Morini
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Michael Moore, com'è nella sua natura, è tornato a far discutere. Il più politicizzato e chiacchierato dei documentaristi americani ha girato un nuovo film, "Where to Invade Next", appena presentato al Toronto Film Festival. "Dove sarà la prossima invasione" recita il titolo, che lascia ben capire come ancora una volta il bersaglio di Moore sia la società americana. Dopo aver raccontato i tragici effetti della libera circolazione delle armi in "Bowling a Columbine", i segreti dell'amministrazione Bush e dell'attacco alle Torri gemelle in "Fahrenheit 9/11" (Palma d'Oro a Cannes nel 2004), il sistema sanitario in "Sicko" e le contraddizioni del capitalismo in "Capitalism: A Love Story", il tema è stavolta il confronto con altre realtà.

Il regista parte dalla lunga storia di invasioni da parte degli Stati Uniti: dopo Corea, Vietnam, Iraq e Afghanistan, chi resta da conquistare? La risposta di Moore è: l'Europa, naturalmente. Con la sua classica impronta satirica, l'autore parte per un viaggio nei Paesi del Vecchio continente, in cui la prima tappa è l'Italia (come si vede nel trailer). Da lì alla Francia, fino in Finlandia, Slovenia, Germania e Islanda, in un reportage che crea un parallelo con la realtà sociale americana. La scoperta è a dir poco sorprendente: in molte cose, l'Europa è "più avanti" rispetto alla tanto celebrata democrazia a stelle e strisce. Ha spiegato Moore in un'intervista a Repubblica:

Volevo girare un film dalla parte delle persone. Invadiamo i territori che non conosciamo e crediamo che i nostri sistemi di valori siano più efficienti degli altri. Non è così. La ragione per cui nascono certe guerre è proprio la disinformazione, il non aver mai parlato con la gente. In pochi sanno, ad esempio, che in Islanda le donne hanno raggiunto la vera parità nella vita pubblica, sul lavoro, negli affari. Sono molto più avanti di noi. Questo per dire che le rivoluzioni accadono in brevissimo tempo e sta ai media e ai politici intercettarle, raccontarle agli altri paesi per infondere ottimismo.

La tappa italiana di Moore

Il regista regala agli italiani una confortante iniezione di ottimismo, raccontando che i lavoratori nostrani godono di più ferie rispetto a quelli americani, con tanto di intervista all'amministratore delegato di Ducati.

Ha continuato Moore, che sembra essere più ottimista che in passato:

È tempo di dare soluzioni, dall'educazione alle infrastrutture. Dopo aver incontrato politici, leader e lavoratori per il mio ultimo progetto, sento che un reale cambiamento è in atto. Non solo nell'America che ha appena attraversato Occupy Wall Street, Ferguson, le proteste per la morte di Michael Brown. Ma ovunque. Siamo pronti a guardare anche ai progressi e alle conquiste di altre terre, dalle scuole in Slovenia ai diritti delle donne in Tunisia.

In questo processo in atto, il ruolo del cinema è tutt'altro che secondario:

Il cinema non serve? Credo che i discorsi sulla parità tenuti da Patricia Arquette durante la notte degli Oscar e da Meryl Streep abbiano dato una scossa al Congresso. Quindi, avanti tutta col cinema.

"Where to invade next" sarà presentato anche al New York Film Festival. Non c'è ancora una data ufficiale per l'uscita in sala, ma i distributori di tutto il mondo (tra cui Netflix) si sono messi in fila all'alba per acquistare il film.

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