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55 anni fa usciva “8 ½”, capolavoro di Federico Fellini diviso tra sogno e realtà

La première di uno dei capolavori assoluti di Federico Fellini si teneva a Roma il 13 febbraio del 1963. La storia del regista Guido Anselmi/Marcello Mastroianni, in crisi creativa e divisa tra sogno e realtà esprime voglia di libertà, di evasione totale, scardinamento delle regole imposte da terzi ma è anche un invito ad affrontare le proprie paure. Un cult immortale da rivedere milioni di volte.
A cura di Ciro Brandi
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Il 13 febbraio 1963 si teneva, a Roma, la première di uno dei più grandi capolavori di Federico Fellini e della storia del cinema italiano, “8 ½”. Il regista romagnolo racconta la storia di Guido Anselmi (Marcello Mastroianni), un noto regista, di 43 anni, in crisi creativa. L’uomo si reca presso una stazione termale per riprendersi anche da alcuni suoi acciacchi, ma cerca anche di andare avanti con la produzione della pellicola ed è costantemente incalzato dal produttore, il quale è preoccupato perché praticamente nessuno conosce la trama del film e non sono ancora stati assegnati i ruoli. Alla crisi creativa si aggiunge quella psicologica e, infatti, oltre agli incontri con l’amante, la moglie, gli amici, il produttore, un critico, i tecnici, si sommano anche i ricordi del passato e i suoi sogni ad occhi aperti. Solo quando il produttore decide di convocare una conferenza stampa per fare il punto della situazione, Guido si sblocca e preferisce fuggire piuttosto che dire che il film non si farà più. Ma come per magia, tutti i personaggi reali e non si manifestano e lo circondano, facendogli tornare la voglia di fare e di vivere per l’arte.

L’ispirazione nata alla festa di un macchinista

L’idea del film è la proiezione di un collage d’idee di Fellini. Dopo aver girato capolavori come “La strada”(1954) e “La dolce vita”(1954), il regista aveva pensieri e concetti confusi e il produttore Angelo Rizzoli lo incalzava per avere dettagli in merito alla sua nuova “creatura”. Proprio quando sta per comunicargli che il film che aveva in mente era sparito, fu invitato alla festa di un macchinista di Cinecittà. Fu allora che gli tornò l’ispirazione e decise che la sua prossima pellicola avrebbe parlato di un regista che voleva girare un film ma che, all’improvviso, ha di fronte a se il buio totale, la mente svuotata da qualsiasi idea, il suo alter ego, quindi, trasposto sul grande schermo. Per fare tutto ciò, scelse Marcello Mastroianni e decise di chiamarlo “8 ½“ semplicemente perchè, all'epoca, era il suo ottavo film e mezzo (in quanto aveva co-diretto 3 pellicole che formavano, quindi, 1 film e mezzo).

La narrazione divisa tra sogno e realtà

“8 ½” è come l’”Ulisse” di Joyce, con un plot che si snoda su piani narrativi paralleli e il flusso di coscienza del regista che mescola sogno e realtà, passato e presente. Guido Anselmi ci porta nel mondo dei suoi dubbi, delle sue vere passioni, dei suoi desideri, facendoci conoscere decine di personaggi come l’amante Carla (Sandra Milo), svampita e procace, diversissima da sua moglie Luisa (Anouk Aimée), pacata ed intelligente, per risalire ai giochi amorosi sperimentati con la prostituta Saraghina (Eddra Gale) e il senso d’infelicità espresso al Cardinale (Tito Masini). In tutto questo turbinio di personaggi e ricordi, incorniciati dalle splendide musiche di Nino Rota e dalle scenografie di Piero Gherardi, si esplica la sua voglia di libertà, di evasione totale, di scardinamento delle regole imposte da terzi ma è anche un invito ad affrontare le proprie paure, sfidare i propri limiti. Il finale, infatti, è assolutamente ottimistico perché Guido si “risveglia” dal suo torpore e riprende in mano la sua vita con la consapevolezza che quello è il suo mondo e lui è il padrone, solo lui può gestire serenamente tutti quei personaggi, senza costrizioni.

Gli Oscar e gli incassi

Nonostante la struttura complessa e, in alcuni punti, anche piuttosto criptica, dato che Fellini riempì il film di riferimenti molto personali, la critica lo osannò e apprezzò questo straordinario esperimento di cinema nel cinema, di sovrapposizioni oniriche e fatti reali, ma anche il pubblico affollò le sale, arrivando a fargli incassare circa 730 milioni delle vecchie lire. L’Academy, che già aveva assegnato al regista due Oscar – nel 1957 e nel 1958 – come Miglior film straniero, anche stavolta gli conferì due statuette, al Miglior film straniero e ai Migliori costumi (di Piero Gherardi). “8 ½” portò a casa anche 7 Nastri d’Argento, 1 Grolla d’Oro al Miglior regista, il National Board of Review Award al Miglior film straniero e tantissimi altri premi. Un capolavoro immortale che va rivisto milioni di volte per assaporarne, ogni volta, tutti i dettagli che magari ci erano sfuggiti in passato.

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