Ashton Kutcher terrorizzato dal ruolo di Steve Jobs
Il bell’attore di tante commedie americane, nonché ex di Demi Moore, ospite alla serata finale del Sundance Film Festival a park City (Utah) ha dichiarato ai giornalisti che interpretare il ruolo del fondatore di Apple è stata una delle cose che l’ha più terrorizzato nella sua vita. Gettandosi in questa immane sfida, l’attore ha affermato di essere sempre stato consapevole che avrebbe attirato milioni di critiche anche perché il regista Joshua Michael Stern ha aggiunto dei particolari alla pellicola che non sono del tutto conformi alla realtà. Per prepararsi al ruolo, Kutcher ha visto centinaia di filmati di Jobs, ascoltato tutti i suoi discorsi e intervistato i suoi amici. E’ finito persino all’ospedale, due giorni prima d’iniziare le riprese, a causa di una dieta ferrea che gli ha sballato tutti i valori del sangue. Tuttavia, l’attore è fermamente convinto che ne sia valsa la pena, dato che per lui Steve Jobs è stato un eroe, un imprenditore che ha avuto il massimo rispetto per il consumatore finale con lo scopo di mettergli tra le mani qualcosa che si potesse usare facilmente.
Quando però gli occhi di tutta la stampa e del mondo del cinema sono puntati su un prodotto così importante, le polemiche non possono mancare. A dare il via è stato il co-fondatore di Apple, Stephen Wozniak, soprannominato Woz, arrabbiatissimo con la casa di produzione Open Road e con lo stesso regista Stern. Il film “Jobs” uscirà il 19 aprile, ma Wozniak ha già visionato uno spezzone della durata di un minuto – che trovate all’inizio dell’articolo – nel quale Kutcher/Jobs discute con Wozniak/Josh Gad sul futuro dei loro computer. Ebbene, Woz ha commentato in maniera acida che l’idea che il computer avrebbe influenzato la società non è di Jobs, ma è sua. L’uomo puntualizza che Steve voleva solo produrre una tastiera per pc con 20 dollari, per poi rivenderla a 40 e ricavare così i fondi necessari per costruire il computer che lui aveva in mente, non certo Jobs, riducendo la figura dell’eroe a mera “macchina da soldi”. La Open Road ha risposto semplicemente che il film non è un documentario, ma un’opera d’intrattenimento che racchiude in due ore ben tre decenni di storia di uno degli uomini più creativi e potenti della nostra storia culturale, quindi qualche “licenza registica” è altamente passabile. E dire che il film non è ancora us