Black Swan, la danza classica al centro della nuova fatica di Aronofsky
Dopo lo splendido The Wrestler, che gli è valso il leone d'oro alla sessantacinquesima edizione del Festival del di Venezia, il talentuoso regista Darren Aronofsky ha deciso di puntare sullo stridente connubio tra il genere horror e la danza classica. Il suo nuovo film, Black Swan, dopo una fredda accoglienza della stampa italiana a Venezia, sta riscuotendo unanimi consensi in patria, dove viene frequentemente paragonato, per via delle atmosfere thrilling e della cupa e intensa colonna sonora di Clint Mansell, al capolavoro di Dario Argento, Suspiria, e al cult All about Eve (Eva contro Eva) per via della storia riguardante l'acredine artistica tra due donne.
La trama, infatti, narra della cancerogena rivalità tra due danzatrici, l'una interpretata dalla bravissima Natalie Portman, l'altra impersonata da Mila Kunis. Anche stavolta, come in "All about Eve", abbiamo una veterana minacciata da un'ambiziosa nuova leva. Le due, infatti, vengono chiamate dal maestro francese Thomas Leroy (interpretato da Vincent Cassel) a dar vita al cigno bianco e al cigno nero (Black Swan, per l'appunto) ne "Il lago dei cigni" di Ciajkovski.
I paralleli con "Eva contro Eva", però, finiscono qui. Finiscono dove comincia il dubbio che Mila Kunis (Lily) non sia altro che una proiezione mentale di Natalie Portman (Nina), un'ossessione che porterà quest'ultima ad immaginare scenari omoerotici e a camminare sul filo sottile della perdita di senno. Non si commetta l'errore, però, di vedere un "Fight Club" in salsa rosa dove non c'è. Registicamente parlando, senza voler togliere nulla a nessuno, Aronofsky e Fincher vengono da due diverse galassie, e se il buon David è abilissimo a trasformare qualunque storia in un thriller dai ritmi mozzafiato e dalle immagini crude e sanguinarie, Darren è molto più celebrale, un'assassino lento ed inesorabile, capace di ferire gli spettatori, di renderli compartecipi del dolore e della follia dei protagonisti.
Del resto, il confine tra genio e follia, tra pericolo reale e manie di persecuzione è tra i temi preferiti di Darren Aronofsky, che ha esordito alla regia e alla sceneggiatura proprio con una pellicola dedicata a questo argomento, "π, il teorema del delirio". Il suo secondo e più celebre lavoro, invece, è uno dei film più intensamente dolorosi che siano mai stati girati, uno di quelli che basta guardare una sola volta perché lascino una traccia profonda, indelebile e sanguinante nel petto degli spettatori. Parliamo di Requiem For a Dream; una pellicola le cui opprimenti atmosfere vengono esportate in questo nuovo lavoro, anche grazie alla colonna sonora di Mansell.
La musica ruota tutta intorno all'arrangiamento in chiave contemporanea dei temi portanti de "Il Lago dei Cigni" e, come molte recensioni statunitensi hanno rilevato, ricorda molto da vicino lo stile musicale che Krzysztof Komeda utilizzò per creare la colonna sonora del capolavoro di Roman Polanski "Rosemary's Baby".
"Black Swan" e ruota tutt'intorno all'ossessione per la perfezione, così come accadeva in "π", alle pessime relazioni genitore-figlio, come in "Requiem for a dream", all'abisso dell'anima, "The Wrestler". Il film si presenta quindi come la summa dei temi chiave che hanno accompagnato Aronofsky fin dall'inizio della carriera. Ed è anche per questo che l'11 marzo 2011, quando il film in uscita ora nelle sale USA approderà in Italia, sarebbe bene andare al cinema e bearsi dell'ennesima fatica artistica di questo regista, un autore che, ormai, ha già un piede nell'Olimpo dei grandi e che speriamo riconfermi il suo talento anche nei futuri progetti.
Come tutto il mondo onirico e delirante di Aronofsky confluirà nel prossimo film che è stato chiamato a girare, non saprei dirlo. Il film in questione, infatti, è The Wolverine, ispirato al supereroe Marvel, leader degli X-men.
In realtà, non è la prima volta che un regista dallo stile peculiare (qualcuno direbbe elitario) si trova a dirigere un blockbuster. Basti pensare a "Batman Begins" e a "The Dark Knight" del geniale Christopher Nolan, che dopo film cult come "Following" e "Memento" si trova tra le mani una delle narrazioni mitiche più popolari del pianeta, e ne tira fuori un capolavoro pressoché insuperato.
Speriamo che il Wolverine di Aronofky sia bello quanto il Cavaliere Oscuro di Nolan, perché quando registi di cotanto talento vengono messi al servizio di narrazioni mitiche, viene sempre fuori qualcosa di grandioso.