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Chi era Carlo Mazzacurati: il cantore del Veneto e dei sentimenti puri

Il grande regista è stato un giocoliere di sensazioni, maneggiando con maestria i sentimenti più puri dell’animo umano, facendoli diventare da locali ad universali.
A cura di Ciro Brandi
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La prematura scomparsa di Carlo Mazzacurati è stata come aver tolto al mosaico della nostra cultura cinematografica una delle tessere centrali, la cui mancanza sarà impossibile da non notare. Mazzacurati è stato uno dei pochi registi italiani che ha saputo davvero trasporre al cinema i sentimenti più profondi dell’animo umano. E’ partito dalla sua terra, il Veneto, ma i temi trattati (l’amicizia, l’amore, l’arte d’ingegnarsi, il concetto di libertà spirituale e individuale), sempre con grande originalità, diventano da locali ad universali. E’ stato un vero e proprio giocoliere di sensazioni, ha maneggiato con maestria la malinconia, le paure, i sogni, le speranze e i problemi quotidiani degli italiani – in molti casi legati a quelli degli extracomunitari che irrompono nel nostro territorio inseguendo il loro “sogno italiano” – facendone il suo baluardo, ritagliandosi la sua grande fetta di estimatori che oggi lo piangono.

Non si può raccontare il suo talento e la sua arte senza legarli ad alcuni dei suoi più grandi successi. La sua ideologia è espressa, infatti, alla perfezione, nella cosiddetta “trilogia dell’est”, composta dai film “Un’altra vita”(1992), il famoso e pluripremiato “Il toro”(1994) e “Vesna va veloce”, tutte incentrare sul contorto rapporto che la società italiana stava costruendo in quel determinato periodo, nel quale il flusso migratorio proveniente dall’Europa dell’est diventava veramente massiccio. Mazzacurati ne diventa il cantore sensibile e attento, ne fornisce un quadro sorprendentemente dettagliato e spiazzante, focalizzando la sua attenzione soprattutto sul lato umano dei personaggi, e non sulle storie. Il risultato della sua “analisi” è una sorta di campanello d’allarme che ci mette in guardia contro la sterilità e la freddezza dei rapporti umani che sembrano essere usciti improvvisamente fuori strada rispetto ai nostri valori tradizionali (famiglia, affetti, solidarietà, altruismo) e andati a sbattere contro il muro di una quotidianità fatta di affanni e prevaricazioni.

A tali riflessioni, va di pari passo la sua concezione artistica e umana di libertà. In uno dei suoi ultimi film, “La passione”, del 2010, il protagonista, Silvio Orlando, è un regista che si trova a dirigere controvoglia una rappresentazione sacra e, partendo da questo plot, Mazzacurati allarga la sua riflessione, affermando che la libertà e il coraggio sono caratteristiche imprescindibili della nostra vita ma, purtroppo, non sono sufficienti perché sono “attanagliate” dagli interessi economici e da personaggi machiavellici che deviano i nostri piani. Questo è stato ed è Carlo Mazzacurati, un grande regista ma, soprattutto un uomo sensibile, uno “scrutatore” di anime attento e pronto a dare una strigliata a personaggi che avevano smarrito il sentiero giusto, credendo che il male che ci circonda non potesse in alcun modo “sporcarli”.

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