Con Il Villaggio di Cartone, il maestro Olmi riconferma il suo incantevole cinema
Il film del maestro Olmi, da poco ottantenne, è stata presentato al Festival fuori concorso e ha riscosso immediatamente consensi solo positivi. Il Villaggio di cartone a cui fa riferimento il titolo rimanda al gruppetto di tende che una ventina di clandestini improvvisa all’interno di una chiesa dismessa. Il cast è composto da Michael Lonsdale, Rutger Hauer, Alessandro Haber, Massimo De Francovich, Elhadji Ibrahima Faye, secondo i critici, tutti fantastici nei rispettivi ruoli.
La trama segue le vicende che ruotano intorno a una chiesa, ormai dismessa, smontata sotto gli occhi del vecchio parroco, che assiste impotente alla sparizione anche del Grande crocifisso che guardava dall’alto i suoi fedeli. In seguito diventerà un centro di accoglienza per un gruppo di disperati, simbolo di quello che dovrebbe essere realmente la Chiesa, da sempre, un posto dove accogliere le persone bisognose. L’arrivo dei clandestini lo risolleva dall’apatia, ma nello stesso tempo gli solleva nuovi e continui dubbi. Lo stesso Olmi afferma: “Ma cosa più esserci di più importante dell’accoglienza? Vorrei ricordare ai cattolici, e io sono tra questi, di ricordarsi più spesso di essere anche cristiani. Il vero tempio è la comunità umana”. La chiesa, quindi, svuotata dai suoi simboli millenari, riprende il suo significato e la sua missione originaria.
Applausi a scena aperta per il regista, soprattutto per il modo in cui è stato trattato un tema molto delicato per il Vaticano, in un paese come l’Italia, cattolico e praticante. In realtà la pellicola getta anche una pesante denuncia nei confronti della società occidentale, per la maggior parte, materialista e cieca nei confronti di chi ha bisogno. Il mondo capitalista, secondo il regista, si autodistrugge ogni giorno di più, perdendo di vista i veri valori della vita, che purtroppo non si possono recuperare o comprare. Bel colpo maestro.