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Con L’arrivo di Wang, i Manetti Bros. ci portano su un altro pianeta

Al centro della loro storia c’è un’ interprete, Gaia, che lavora per i servizi segreti, nell’interrogatorio di un prigioniero che parla solo cinese. La ragazza non sa che il delinquente in questione viene da un altro pianeta.
A cura di Ciro Brandi
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E’ forse uno dei film più strani presentati quest’anno al Festival di Venezia, eppure è stato accolo con quasi sette minuti di applausi. “L’arrivo di Wang” vede come attori protagonisti Ennio Fantastichini, Francesca Cuttica, Li Yong, Julieth Esey Joseph, Antonello Morroni, Jader Giraldi, Carmen Giardina, Rodolfo Baldini, Angelo Nicotra, Massimo Triggiani, Furio Ferrari Pocoleri

Marco e Antonio Manetti pongono al centro della loro storia un’ interprete, Gaia, che lavora per i servizi segreti, nell’interrogatorio di un prigioniero che parla solo cinese. Inizialmente poco convinta e timorosa, dato che la stanza dev’essere al buio per tutto il tempo, la ragazza sprofonda nel terrore quando scopre che il prigioniero in questione, il signor Wang, è in realtà un alieno, color argento e con tanto di tentacoli.

La pellicola, in concorso nella sezione Controcampo Italiano, sembra quasi voler prendere in giro la seriosità degli altri film presenti al Lido. La trama è davvero elementare, così come la tecnica registica, chiusa tra quattro mura, non c’è altro. Tutto ruota attorno alla psicologia dei personaggi principali – Gaia, un agente (Ennio Fantastichini) e l’alieno – e al loro modo d’interagire. E’ vero che i film di fantascienza in Italia sono pochissimi, e tutti mediocri, se non orribili, ma non basta realizzare un alieno in CGI e costruirgli una storiella flebile intorno per farne un capolavoro da presentare a uno dei Festival più importanti del mondo.

Eppure la critica sembra aver apprezzato, forse il coraggio, l’aver infranto le regole, la bravura degli attori, forse l’idea, l’immediatezza del soggetto, non si sa. Ma se il cinema vive di pubblico, allora possiamo dire che i Manetti Bros. riceveranno applausi anche nelle sale. Mistero o successo meritato?

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