Da “Flashdance” a “Step Up”, quando per ballare si va al cinema
Ballare che passione. Il mondo del cinema ha portato l’arte della danza sul grande schermo sin dagli albori, un amore sbocciato prestissimo tra i due linguaggi e che ha lasciato capolavori come "Scarpette rosse", "Cappello a cilindro", "Cantando sotto la pioggia", il secondo di questi con Fred Astaire, l'icona più grande, una leggenda che ha saputo coniugare recitazione e danza come nessuno. Negli anni il genere si è evoluto, dalla commedia musicale si è arrivati al musical, e arrivano così nelle sale i grandi spettacoli di Broadway scritti e girati per il grande pubblico: "West Side Story" nel 1961 ha il merito di fare da capofila, portando l'atmosfera del palcoscenico sul grande schermo.
Il 1977 è l'anno di "Saturday Night Fever", "La febbre del sabato sera" di John Badham. Un film che ha lanciato la carriera di John Travolta, lasciando il nome di Tony Manero impresso nel firmamento dei personaggi più carismatici della storia del cinema. La trasformazione completa è rimandata a qualche anno più tardi quando, ad affiancarsi ad una produzione sempre cospicua di commedie musicali e di musical (possiamo mai dimenticarci di "Grease"?), arrivano film come "Flashdance" (premio Oscar come Miglior canzone al nostro Giorgio Moroder per "What a Feeling") e "Footloose", che cavalcano la prima metà degli Ottanta diventando i primi film di genere ad essere sostenuti da una massiccia campagna stampa e a lanciare sex symbol come il personaggio Ren McCormack in "Footloose", intepretato da un fantastico Kevin Bacon, e Alex Owens (Jennifer Beals) in "Flashdance". La scena dell'audizione in quest'ultimo film, è una delle più celebri e citate, ispirando anche Geri Halliwell per il videoclip di "It's raining man!".
Non possiamo non considerare tra i blockbuster di genere "Dirty Dancing – Balli proibiti". La pellicola che ha lanciato la carriera di Patrick Swayze, indimenticabile attore scomparso prematuramente, continua ancora oggi a far sognare ed ha attraversato già più di tre generazioni. L'ultima volta che è il film è stato trasmesso in televisione ha realizzato tre milioni di spettatori, una cifra di tutto rispetto per un film di 28 anni fa, considerando anche la messa in onda al 19 agosto.
Quando, invece, la danza si fa "d'autore", arrivano capolavori che citiamo in serie: "Billy Elliot" (2000) di Stephen Daldry, "The company" (2003) di Robert Altman e "Il Cigno Nero" (2010) di Darren Arofonosky. Tre mosche bianche tra titoli tutti orientati al successo e alla facile comprensione, ma che non possono mancare nelle "playlist" per una maratona che comprenda i più grandi film di genere degli ultimi 30 anni.
Ritornando sulla terra dei "comuni mortali" non passa inosservato il successo di "Save the last dance", film che va ad inserirsi nel filone generazionale, al pari di "Footloose" o "Flashdance", e che è diventato il "film sul ballo" per gli adolescenti dei 2000. La storia di una ragazza bianca, Sara, che si trasferisce a Chicago, in un quartiere principalmente abitato da ragazzi di colore. Sara conosce Derek, ballerino di hip hop che vuole iscriversi all'università e diventare medico. Nascerà, oltre alla passione per il ballo hip hop, anche un grande amore.
Con "Step Up" si passa, appunto, ad un livello successivo. Ritmi frenetici, dialoghi ridotti all'osso e testimone di tutto quanto la disciplina "non accademica" abbia prodotto dal 2006 ad oggi. Vede in "Streetdance" e "Streetdance 2", il suo corrispettivo anglosassone e sono 4 i sequel realizzati: "Step Up 2 – La strada per il successo" (2008), "Step Up 3D" (2010), "Step Up Revolution" (2012) e "Step Up All In" (2014). Quest'ultimo ha visto anche la partecipazione di Lorella Boccia, cresciuta artisticamente con il talent "Amici", e la voce di Gue Peqeuno dei Club Dogo al doppiaggio.