Divorzio all’italiana, perché guardare il film con Mastroianni e una giovane Sandrelli
Agromonte, città siciliana (di fantasia) e teatro delle vicende del barone Ferdinando Cefalù, detto Fefè. Interpretato da un gigantesco Marcello Mastroianni, Fefè è un uomo sposato da dodici anni con Rosalia, donna assillante, bruttina ma innamorata pazza di lui. Lui, però, si innamora di sua cugina, la sedicenne Angela, una giovanissima Stefania Sandrelli e considerato che la legge italiana non consente il divorzio, ma contempla il delitto d'onore, lui cercherà di trovare disperatamente un amante per Rosalia, per poterli sorprendere ed uccidere, così da sposare la donna che ama davvero. Altri tempi, altre storie, ma "Divorzio all'italiana" di Pietro Germi, pur essendo un film uscito nelle sale nel 1961, resta un film godibilissimo anche adesso.
L'occasione di rivederlo questa sera, in programmazione su Rai Tre in prima serata, appare troppo ghiotta. Il consiglio a chi non ha mai visto il film e di non perdersi questo appuntamento. Il regista Pietro Germi passa con "Divorzio all'italiana" alla commedia e alla satira dopo i toni drammatici dei suoi primi film, adattando un romanzo drammatico di Giovanni Arpino, "Un delitto d'onore". Il film è lo specchio della mentalità della Sicilia di provincia di quegli anni, colpendo al cuore un problema tutto italiano: la mancanza della legge sul divorzio e la persistente norma del codice penale che regolava ancora il delitto d'onore. Mastroianni, come detto, è gigantesco, lo stesso Pietro Germi ammise in un'intervista: "Non so quale sia il suo segreto, so che piace alla gente e che ci sono attori bravi come lui, ma che non riescono ad avere il suo stesso successo".
Nel cast c'è anche Stefania Sandrelli, giovanissima. Grazie a questo film, la sua carriera prenderà il volo. Nel ruolo della moglie bruttina c'è Daniela Rocca, truccata in modo da essere quasi irriconoscibile mentre un giovane Lando Buzzanca è nel ruolo di Rosario Mulé. Il film è stato inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare ed ha vinto un Oscar nel 1963 per la "Miglior sceneggiatura originale" a Pietro Germi, Ennio De Concini e Alfredo Giannetti.