Gabriele Mainetti: “Ho speso tutti i miei soldi per Freaks Out, anche quelli che non ho”
Ieri, alla Festa del cinema di Roma 2020 è stato il giorno di Gabriele Mainetti, protagonista di un Incontro Ravvicinato con il pubblico per parlare della sua ultima fatica "Freaks Out". Il regista, alla sua opera seconda dopo "Lo chiamavano Jeeg Robot", avrebbe voluto portare il film al festival ma la complessa lavorazione non si è ancora conclusa: per vederlo bisognerà attendere sino all'uscita al cinema il 16 dicembre. Mainetti ha ammesso di aver dato fondo ai guadagni derivati da "Jeeg Robot" impegnando il suo denaro in questo film, molto ambizioso e ad alto budget.
Mi hanno sempre detto che il regista non deve mai mettere i soldi nel film. Ecco, diciamo che non sono mai riuscito a seguire questo insegnamento. Ci ho messo dentro, a livello di bugdet, tutti i soldi che avevo e anche quelli che non ho. Andate al cinema e salvatemi la vita!
Alla Festa di Roma i primi 8 minuti di Freaks Out
Alla Festa del cinema Mainetti ha mostrato in anteprima i primi 8 minuti di "Freaks Out", che ha scritto con Nicola Guaglianone e che vede protagonisti Pietro Castellitto, Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Giancarlo Martini e Giorgio Tirabassi. Interpretano un gruppo di fenomeni da baraccone di un circo che nel 1943 si trovano improvvisamente in fuga nella Roma travolta dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e occupata dai nazisti. Decisamente coraggiosa la scelta di fare uscire il film in sala in questo momento di grande difficoltà per gli esercenti, alle prese con cinema semivuoti per la paura del Covid.
Gabriele Mainetti svela i suoi registi preferiti
Mainetti, nel corso dell'incontro, ha rivelato i nomi dei suoi registi preferiti, scegliendo clip tratte da "L'armata Brancaleone" di Mario Monicelli ("Per come abbiamo raccontato i Freaks di Freaks Out è un film che gli si avvicina molto, seguendo una maniera tutta italiana di narrare dei poveracci, che sono tali ma non smarriscono mai la propria epica"), "Per un pugno di dollari" di Sergio Leone ("Con Leone mi sento a casa, mi sembra che il suo cinema parli sempre a tutti quanti") ed "E.T" di Steven Spielberg.
Il mio sogno è sempre stato fare un cinema come quello di Spielberg, che è il mio regista preferito in assoluto per tanti motivi. Se lo faccio in uno spazio come il mio, che magari è addirittura “regionale”, devo renderlo credibile. Non perché i registi italiani non abbiano frequentato il fantastico, ma perché i personaggi, come in Lo chiamavano Jeeg Robot, devono portarti a sospendere l’incredulità. Il pubblico deve dire: io ci credo.