George Clooney: “Il razzismo è la nostra pandemia ma abbiamo smesso di trovare un vaccino”
Negli ultimi giorni si susseguono le proteste in risposta all'uccisione di George Floyd, 46enne afroamericano morto dopo essere stato bloccato per il collo sull'asfalto dal ginocchio di un poliziotto bianco di nome Derek Chauvin. Ben 30 città americane come New York, Chicago, Los Angeles, Atlanta,Washington e Seattle hanno manifestato a tutta forza per le strade con cartelli e mascherine sui quali campeggiava la scritta I can't breathe, "Non respiro", le ultime parole di Floyd prima di morire. Forze dell'ordine e manifestanti sono arrivati spesso allo scontro diretto a causa anche di saccheggi e vandalismi di vario tipo, in una sommossa incontrollata, al grido di ‘Black Lives Matter‘, ‘le vite nere valgono'.
George Clooney ha scritto un articolo sul Daily Beast, nel quale bolla il razzismo come la vera pandemia, per la quale si è addirittura smesso di voler trovare un vaccino. E cita le parole della giornalista americana Sarah Koenig, produttrice del programma radiofonico This American Life e conduttrice e produttore esecutivo del podcast Serial, che ha fatto il giro del mondo. Nel podcast viene trattato, a puntate, il caso della giovane Hae Min Lee, trovata morta per strangolamento. A causa della confessione di un amico della ragazza, Jay, viene condannato al carcere a vita Adnan Syed, un 17enne di origini pakistane che frequentava lo stesso liceo, da lui indicato come l'assassino. Syed si è sempre dichiarato innocente e nonostante le numerose incongruenze processuali fatte emergere dalla Koenig in Serial, prima tra tutte la difesa debole del suo avvocato di allora, Cristina Gutierrez, che nel giro di pochi anni sarebbe morta per sclerosi multipla, nel 2019 la Corte Suprema statunitense si è rifiutata di esaminare di nuovo il caso. George Clooney scrive quanto segue:
Quindi, cosa facciamo ora? È il 1992? Abbiamo appena sentito una giuria dirci che gli sbirri bianchi, che abbiamo visto mentre picchiavano Rodney King, non erano colpevoli dei loro evidenti crimini? È il 2014, quando Eric Garner, per aver venduto sigarette, è stato giustiziato da un poliziotto bianco che lo ha strangolato mentre tutti potevamo guardare? Le sue parole "Non riesco a respirare" sono impresse per sempre nelle nostre menti? Quante volte abbiamo visto persone di colore uccise dalla polizia? Tamir Rice, Philando Castile, Laquan McDonald. Non vi è dubbio che George Floyd sia stato assassinato. Abbiamo assistito al suo ultimo respiro tra le mani di quattro agenti di polizia. Ora assistiamo alla ribellione di una parte dei nostri cittadini a un sistematico trattamento crudele, come già accaduto nel 1968, 1992 e 2014. Non sappiamo quando queste proteste cesseranno. Speriamo e preghiamo che nessun altro venga ucciso. Ma sappiamo anche che molto poco cambierà. Dato che la maggior parte di noi si chiede cosa possiamo fare, ricordo di aver ascoltato Sarah Koenig, che ci ha messo un anno a recuperare le prove in un tribunale di Cleveland, riassumendo così la sua esperienza. Dà a quelli di noi che si sentono indifesi una tabella di marcia:
"Accettiamo tutti che qualcosa sia andato storto. Facciamo che sia la nostra premessa […] Abbiamo sentito tutti le statistiche: qui negli Stati Uniti imprigioniamo una percentuale molto più alta della nostra popolazione rispetto a qualsiasi altro paese al mondo. Siamo i numeri uno. I numeri sono ben documentati, folli e senza precedenti nella nostra storia. La rabbia e la frustrazione che vediamo risuonare di nuovo nelle nostre strade sono solo un promemoria di quanto poco siamo cresciuti come Paese dal nostro peccato originale, la schiavitù. E abbiamo anche una ben documentata disuguaglianza. Ogni articolazione nello scheletro del nostro sistema di giustizia penale è contaminata dalla discriminazione razziale. Rispetto ai bianchi che hanno commesso lo stesso crimine e che hanno storie criminali simili, i neri e altre persone di colore vengono arrestati più spesso. Vengono condannati più duramente, gli vengono attribuite le cauzioni più alte, offerto i patteggiamenti peggiori. Sono condannati a pene detentive più lunghe e la loro libertà vigilata è più spesso revocata […] Questi numeri non fluttuano sopra di noi nel cielo. Sono vivi in tutto il Paese".
Sappiamo tutti che è vero. La rabbia e la frustrazione che vediamo risuonare di nuovo nelle nostre strade sono solo un promemoria di quanto poco siamo cresciuti come Paese dal nostro peccato originale, la schiavitù. Il fatto che non stiamo più acquistando e vendendo altri esseri umani non è un distintivo d'onore. Abbiamo bisogno di un cambiamento sistematico nelle nostre forze dell'ordine e nel nostro sistema di giustizia penale. Abbiamo bisogno di politici che riflettano l'equità di base per tutti i cittadini allo stesso modo. Non leader che alimentano l'odio e la violenza come se l'idea di sparare a dei rapinatori fosse da meno di una subdola propaganda razziale.
Questa è la nostra pandemia. Ci colpisce tutti e in 400 anni non abbiamo ancora trovato un vaccino. Sembra che abbiamo smesso persino di cercarne uno e proviamo a trattare la ferita su base individuale. E di sicuro non abbiamo fatto un ottimo lavoro. Quindi questa settimana, mentre ci chiediamo cosa ci vorrà per risolvere questi problemi apparentemente insormontabili, ricordiamoci solo che abbiamo creato questi problemi in modo da poterli risolvere. E c'è solo un modo in questo Paese per portare un cambiamento duraturo: votare.