Gli altri numeri di Zalone: i perché di un incasso “a catinelle”
Il cinema è quello giusto, un enorme multisala. Ci ho provato a prendere i biglietti per il cinema d'essai, piccolino, che a Zalone non ha potuto comunque rinunciare. L'idea era quella di vedere il film di fianco a qualcuno schifato già prima di sedersi, poi ho capito che ci andavano semplicemente, di rimbalzo, tutti quelli che non avevano trovato il biglietto per il multisala. Schifati loro, semmai, costretti ad un cinema senza i pop corn caramellati all'intervallo. Un po' di numeri su "Sole a catinelle" di Zalone, da record pure questi a modo loro, ma che non vi dirà nessuno:
Quattordici, il numero delle volte che il multisala lo proietta in una giornata, una ogni mezz'ora (fonti incerte affermano ci fossero spettacoli pure nei bagni, dibattito finale compreso).
Tre, purtroppo solo tre, i miti assoluti, non nominati solo perché sconosciuti, che hanno avuto il coraggio di definire il film "lento".
Due, più tre di recupero, i minuti passati a chiedermi per quale motivo Marco Paolini fosse in un film di Checco Zalone (Paolini fa la parte del bastardo, quella che serve pure alle commedie).
Sette, le persone che uscendo dalla sala si sono spese nella considerazione saccente che "Sì, alla fine preferivo il primo Zalone".
Uno, il mito da sfatare: il film di Zalone è uguale uguale al primo. Ma non è il primo. E' uguale uguale pure al secondo, che già non era il primo pure lui. Che vuol dire? Molto semplice, poco c'entrano le sceneggiature e le ambientazioni, i film di Zalone sono volutamente solo Zalone. Che è uno di quei cavalli di razza della comicità al quale potremmo attribuire la caratteristica, positiva o no che sia, affibbiata ad alcuni cantanti dalle spiccate doti vocali: puoi fargli cantare qualsiasi cosa, pure l'elenco del telefono, che funziona. Così è Luca Medici, con un solo particolare: non si tratta di dove piazzi lui, ma cosa metti attorno a lui, come mero contorno. In questo i primi tre film di Zalone sono privi di differenze, perché lo schema di ognuno è "piglia Checco e mettilo nel posto in cui ci azzecca di meno". Non c'è una volta in cui questo scontro tra Zalone e il mondo non faccia ridere sinceramente.
Zero, il numero di volte che altri personaggi, oltre a Zalone, facciano ridere. Nessuno che non sia lui farà ridere e si mette in conto che si riderà ogni volta che lui apre bocca.
Di nuovo Uno, il limite del film, grosso come una casa: "Sole a Catinelle", come gli altri due precedenti, ma forse un po' di più, sembra l'assemblaggio di scenette pensate singolarmente, pur spassose, ma fini a se stesse, giustificate dal contenitore di un film che le fa stare insieme. Pensate prima le scenette, poi il film. Zalone, come personaggio, è dirompente fino a quando è imprevedibile, capace di prendere per il culo il prete, tanto quanto un bambino disadattato. Quando hai capito il gioco e te lo aspetti, l'effetto rischia di svanire. Anzi, è già svanito.
Uno all'ennesima, che fa sempre uno, il vero capolavoro del film: la promozione. Non ci si limiti solo a pensare che "Sole a Catinelle" va perché è dappertutto da un mese con un trailer che è più divertente di tutto il film. Il trucco è anche quello di un produttore che da giorni, anche prima di iniziare a incassare, parlava dell'avvento di un cinema diverso, il nuovo che sostituiva il cinema italiano "vecchio". Dall'altra parte il controcanto che gli fa Zalone, spacciando "Sole a Catinelle" come una "Cazzatina per ridere". E soprattutto il merito va alla parola "record": quando ce n'è uno da superare il pubblico si carica di tutta la generosità smarrita nel giudizio a Fabrizio Corona, si sente partecipe di qualcosa di grande, artefice della riscrittura della storia (il consiglio è per chi abbia in mente un film ma gli sfugga il titolo: piazzaci la parola record didentro!).
Quarantatre le risate sincere che il film è stato capace di generare nella mia persona (scientificamente contate, coi "diti" e un segno su un foglietto a ogni decina, perché "i diti" per contare quelli so').
Quindici, o poco più, le volte in cui è stato battuto il verbo ridere nelle sue varie declinazioni in questo pezzo. Vuol dire che di base il film fa ridere, è un dato incontestabile.
Singola la considerazione finale: Zalone è impropriamente paragonato al cinema trash più spudorato, per la mole di soldi incassata. L'obiettivo finale è l'unico filo rosso che li accomuna e fondamentalmente è la cosa che a entrambi un certo tipo di pubblico contesta. Zalone coi cinepanettoni non c'entra nulla: a paragone, il primo è Woody Allen. La divaricazione tra il cinema squisitamente di profitto e quello non squisitamente di profitto (li separa un "non", spesso di facciata) mai smetterà di esistere; ed anche solo constatare che Zalone abbia incassato in tre giorni quello che Sorrentino e Tornatore hanno incassato in anno è una constatazione sciocca. Fare questo paragone equivale a mettere su un piano similare il teatro e lo stadio, parallelismo improponibile se si prende in considerazione l'insopportabile ma reale idea che "la gente si vuole rilassare e divertire".