Guglielmo Poggi, vicepremier in Bentornato Presidente: “Non imito Di Maio, ne mostro le fragilità”
Il 29 marzo è uscito nelle sale "Bentornato Presidente", di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi. Si tratta del sequel di "Benvenuto Presidente", film di qualche anno fa in cui un certo Giuseppe Garibaldi, interpretato da Claudio Bisio, si ritrovava "incolpevolmente" presidente della Repubblica a causa di un tentativo di depistaggio di voti andato evidentemente per il verso sbagliato. Dopo essere stato al Quirinale, a questo giro Bisio si ritrova ad essere chiamato come premier, per risolvere il dualismo tra i partiti che compongono l'esecutivo. Se lo scenario vi appare familiare, non c'è nulla di cui sorprendersi: è assolutamente così. Il film attinge a piene mani dalla realtà, con tanto di vicepremier che sembrano ricalcare con grande fedeltà i caratteri dei due al momento in carica in Italia. Quello più simile a Matteo Salvini è interpretato da Paolo Calabresi, mentre il ruolo del vicepremier più simile a Luigi Di Maio, Danilo Stella, spetta a Guglielmo Poggi, giovane attore romano con un curriculum già molto esteso con cui abbiamo provato a capire come sia stato il lavoro sul set per dare vita a un personaggio così delicato in questo momento storico.
Che sensazioni hai a pochi giorni dall'uscita del film nelle sale?
L'ho rivisto al cinema e mi piace sempre di più, scopro delle cose nuove. Questo è un film che è un po' una violenza per lo spettatore, ci sono tanti input, un linguaggio tutto nuovo, non è facilissimo da comprendere nella sua interezza. La gente si diverte, è una commedia riuscita e ci sono anche degli spunti di riflessione.
Il riferimento alle vicende reali è palese per quanto indiretto, siete stati condizionati dalla situazione politica nel corso della lavorazione?
Chiariamolo subito: io non imito Di Maio, così come Calabresi non ha raccontato Salvini e Ripoldi non ha assolutamente raccontato Renzi. Abbiamo preso delle caratteristiche che riguardano tanto il personaggio quanto l'elettorato e la classe dirigente. Abbiamo preso temi e sensazioni che percepiamo nei cittadini e le abbiamo volute incarnare in dei personaggi, evidentemente esagerandoli e facendone una farsa, una caricatura che niente ha a che vedere con la realtà.
Quindi il film non è un esplicito attacco al governo?
Io credo che non li abbiamo minimamente offesi, non abbiamo fatto uno sberleffo dei politici, ma abbiamo provato a mostrarne le fragilità. Non si tratta quindi di imitazioni, che tra l'altro non è facile potersi permettere al cinema. Noi ci siamo potuti permettere una grande elasticità proprio perché non volevamo raccontare i singoli, ma il contesto.
"Il Divo", "Loro", i film ispirati a personaggi politici sono quasi sempre postumi o successivi alla stagione in cui si svolgono i fatti. Per voi è il contrario: pensi che questa cosa abbia avvantaggiato il vostro lavoro o reso più complesso?
Da un punto di vista realizzativo e produttivo non è stato affatto un problema. Poi magari si dirà che le persone non abbiano voglia di sentire il linguaggio politico anche nei film e preferiscano una commedia romantica. Ma se affrontiamo la cosa sul piano artistico, è un'occasione pazzesca quella di poter trarre ispirazione dalla realtà.
In un periodo di polarizzazione estrema viene quasi naturale pensare che un film come il vostro sia segnato da una volontà politica.
Ce l'hanno detto infatti. Io racconto la storia di una persona che non sa niente, pregiudica tutto, che rispecchia l'elettore medio del suo partito più che il suo dirigente ed è esattamente quella cosa. Trovo assurdo che lo spettatore dica, prima ancora che esca un film, che quel film è brutto e che sia sponsorizzato dal Pd. Sono cose governate da quell'irrazionalità che è oramai appartenente al linguaggio comune, ma è molto difficile vedere il film e non capire che l'intento sia satirico in senso trasversale, che riguarda tutti i partiti e anche la vecchia politica. C'è poi un discorso di commedia e presa in giro di cui va tenuto conto, disegniamo tratti umani molto simpatici. Si tratta di un film ispirato ad un contesto reale all'interno del quale succede qualcosa che non è assolutamente la nostra storia.
Nessun giudizio personale nei confronti di Di Maio, quindi?
Io posso non avere in simpatia dei personaggi politici nel mio privato, ma in pubblico non mi metterei mai ad offendere persone elette dai cittadini. Non mi piace fare il gioco di quell'elettorato che proprio non mi piace. Io rispetto chi sta là, che si è esposto e sta facendo una carriera politica che si giudicherà personalmente. L'attore non può giudicare il personaggio che si interpreta, altrimenti ne viene fuori un'accozzaglia di luoghi comuni che non porta a niente. Il tuo personaggio devi capirlo, comprenderne i difetti e, come in questo caso in una commedia, estremizzarli.
Un approccio che pare in netta controtendenza rispetto all'approccio comune di molti personaggi pubblici che oggi avvertono l'urgenza di dire da che parte stiano.
Beh sì, ma al contempo dico anche che io stimo profondamente un professionista come Claudio Bisio, unico nella sua umiltà a mio parere, che quando si espone lo fa per quello che crede senza dire da che parte stia. Parla di ciò che gli piace e non gli piace perché è un personaggio libero. Schierarsi sembra che in questo momento sia un boomerang. Ora vediamo personaggi che si pentono delle proprie scelte politiche dicendo di essere rimasti delusi. Ma sei deluso perché ti sei esposto. Magari un po' più di lungimiranza prima sarebbe stata più opportuna. Io credo che in generale in questo momento bisognerebbe tacere, senza più fare gli indignati. Tacere e comportarsi come si deve, come il film suggerisce.
Come dicevi tu, però, si è innescato un corto circuito. Come se ne esce?
Rimboccarsi le maniche non è un concetto capitalista, ma la chiave per sgomberare ciò che non ci piace della nostra classe dirigente. Se invece si continua con questo clima di odio in cui l'ignoranza e l'arroganza sono state sdoganate e chi invece così non è non si oppone fermamente con un linguaggio diverso, è inevitabile che questo è il mondo che ci ritroviamo e nel giro di 10 o 20 anni il nostro livello di istruzione si abbasserà inesorabilmente. Stare un po' più zitti e cambiare il linguaggio.
Sei molto giovane ed hai lavorato già in film importanti, con registi di livello. C'è stata un'esperienza che ricordi in maniera più significativa delle altre?
Sembrerà politicamente corretto o particolarmente democristiano, ma in realtà ogni esperienza ha avuto il suo valore. Ci sono quelle che non ti danno veramente nulla, però io ho lavorato con registi che sono davvero personalità importanti, da Sibilia, Bruno, Muccino, D'Alatri, persone che esistono in questo panorama. Altrettanto vero che quando sei protagonista di un film come "Il tuttofare", vieni premiato, stai vicino a Castellitto, accade sicuramente qualcosa che ti cambia il modo di pensare. Così come riesce a farlo la possibilità di lavorare con Proietti a teatro. Nello specifico di questo film, la possibilità di lavorare con persone di un tale livello mi ha permesso anche di proporre delle soluzioni e tentare delle strade. Posso dire di avere veramente culo, perché quando sei appena decente, competente e appassionato del tuo lavoro e ti permettono di farlo con quelli bravi, allora puoi dirti fortunato. Io l'ho avuta, ma conosco molte persone che non hanno avuto quell'incontro giusto al momento giusto.
Su quali progetti sei concentrato adesso?
Finché non metto firme non parlo, però sono in trattativa per una cosa di televisione con Sky e spero che tutto vada bene. C'è invece un discorso col teatro che io porto avanti da tempo, perché è casa mia, un adattamento de "La Strada" di Cormack Mccarthy, in cui interpreto da solo tutti i personaggi. È molto faticoso, ma è una prova in cui mi sono buttato da solo e che mi accompagnerà sempre. Poi spero anch'io, un giorno, di poter raccontare delle cose al cinema dal punto di vista registico.