I 55 anni di Brad Pitt nei suoi 10 migliori film
Il “Divo” di Hollywood per eccellenza, il 18 dicembre, compie 55 anni ma il suo fascino sembra essere immune allo scorrere del tempo. Brad Pitt, nella sua carriera, ha girato 52 film, esordendo nel 1987 con “Senza via di scampo”, diretto da Roger Donaldson e proseguendo con cult assoluti come “Intervista col vampiro”, “Seven”, “Fight Club”, “Vi presento Joe Black” e altri gioiellini cinematografici che rivedremmo decine e decine di volte. Prima di ammirarlo in “Once Upon a Time in Hollywood”, del suo amico Quentin Tarantino, ecco 10 sue pellicole da almanacco che non possono mancare nella vostra collezione.
“Intervista col vampiro”(1994), di Neil Jordan
Lo straordinario cult di Neil Jordan, tratto dall’omonimo romanzo di Ann Rice, vede Brad Pitt nei panni di Louis de Pointe Du Lac, un vampiro che, nella San Francisco del 1993, decide di raccontare al giornalista Daniel Molloy (Christian Slater), la sua vita, partendo dal 1791, anno in cui, stanco della sua vita da ricco ma infelice proprietario terriero, dopo aver perso la moglie e la figlia, incontra il vampiro Lestat (Tom Cruise) che lo trasforma in un non-morto. In seguito Louis si affeziona all’orfana Claudia (Kirsten Dunst) una bambina rimasta orfana e la trasforma in vampiro. Tra i due inizierà un rapporto ossessivo che li porterà sull’orlo del baratro e a rimettere in discussione tutte le scelte fatte fino a quel momento. Un capolavoro che raggiunge il culmine nella seconda parte con una squadra vincente formata, oltre al sensazionale cast, anche da Philippe Rousselot alla fotografia, Mick Audsley al montaggio, Elliott Goldenthal alle musiche e il nostro Dante Ferretti alle scenografie. Brad Pitt e Tom Cruise sono vampiri sensuali e affascinanti, ma non mancano scende crude e “horror” che non fanno altro che aumentare la tensione in questa storia che, ancora oggi a 24 anni di distanza, magnetizza la nostra attenzione dall’inizio alla fine. Per la scenografia e la colonna sonora, il film portò a casa due meritati (ma pochi) Oscar.
“Vento di passioni”(1994), di Edward Zwick
Il colonnello William Ludlow (Anthony Hopkins), ritiratosi dall'esercito perché disgustato dal trattamento del governo nei confronti dei pellerossa, alleva bestiame nel Montana con i tre figli Alfred (Aidan Quinn), Tristan (Brad Pitt) e Samuel (Henry Thomas). Durante la Prima guerra mondiale, Samuel si arruolerà e perderà la vita sul campo mentre Tristan, il più selvaggio dei tre, scatenerà una rivalità senza precedenti con Alfred per conquistare il cuore della bella Susannah (Julia Ormond). Zwick racconta un dramma familiare intenso, crudo e appassionante fino all’ultimo minuto, con attori straordinari e tra tutti spicca proprio Brad Pitt che conquistò anche una nomination ai Golden Globe come Miglior attore in un film drammatico.
“Seven”(1995), di David Fincher
Il thriller cult di David Fincher, del 1995, interpretato da Brad Pitt, Morgan Freeman e Kevin Spacey, racconta la storia di un killer astuto e spietato che uccide le sue vittime in maniera raccapricciante. Sulle sue tracce ci sono il giovane e ambizioso Mills (Pitt), alla prima missione, e l'esperto Somerset (Morgan Freeman). I due, anche se totalmente diversi, imparano a convivere man mano che la caccia all'assassino si fa più serrata e il mistero comincia a districarsi. Il killer, infatti, sceglie le vittime e le uccide seguendo i sette peccati capitali. Tra atmosfere dark, scene crude e violente, regia sensazionale e performance attoriali da urlo, “Seven” è uno dei thriller decisamente migliori di sempre.
“Sette anni in Tibet”(1997), di Jean-Jacques Annaud
Ispirato alla biografia di Heinrich Harrier, nel film del maestro Annaud Brad Pitt è, appunto lo scalatore Harrer, membro del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori che, nel 1939, abbandona la moglie incinta per andare in Tibet a scalare una delle cime della catena dell'Himalaya. Una volta lì, però, viene fatto prigioniero dagli inglesi, con il resto del gruppo. Dopo anni di tentativi di fuga, finalmente nel 1942 riesce ad evadere e, scalando l'Himalaya, arriva in Tibet, dove cambierà vita arrivando a conoscere ed instaurare un rapporto d’amicizia persino con il Dalai Lama. Kolossal spirituale, adrenalinico ed emozionante, meravigliosamente studiato e portato in scena dal maestro Annaud, con la fotografia di Robert Fraisse, le scenografie di At Hoang e le musiche di John Williams.
“Vi presento Joe Black”(1998), di Martin Brest
Brest, nel 1998, portava nelle sale il remake de “La morte in vacanza”, diretto da Mitchell Leisen, raccontando la storia di William Parrish (Anthony Hopkins), ricco magnate della televisione, con una bella famiglia e una vita perfetta. Un giorno, però, si ritrova al cospetto di Joe Black/La Morte, interessato ai suoi pensieri sull’amore e intenzionato a portarlo, poi, via con sé. Joe, però, nella sua sosta, s’innamorerà della figlia di William, Susan (Claire Forlani) e, da quel momento, la situazione prenderà una piega diversa. Morte e amore, amore e morte si mescolano dando vita ad una parabola sui sentimenti puri che è un piacere per gli occhi e per l’anima. Se poi il tutto è condito dalle indimenticabili musiche di Thomas Newman, dalle scenografie di Dante Ferretti e dalle stupefacenti performance dei tre protagonisti, il voto sale a 10.
“Fight Club”(1999), di David Fincher
Nel capolavoro di Fincher, Edward Norton è un uomo frustrato che lavora nel ramo assicurativo di un’azienda automobilistica. E’ sempre depresso, ansioso e schiavo del consumismo, ma un giorno decide di reagire frequentando gruppi d’ascolto di persone affette da varie (o presunte) patologie, dove conosce la bella Marla (Helena Bonham Carter). Durante un viaggio di lavoro, incontra anche l’eccentrico Tyler Durden (Brad Pitt), produttore e venditore di saponette che, dopo l’esplosione della casa del protagonista/narratore, decide di ospitarlo nella sua abitazione. Presto, però, Tyler lo coinvolgerà nella creazione del “Fight Club”, un circolo di incontri clandestini in cui i partecipanti – tutti insoddisfatti e repressi – si pestano a sangue per sentirsi vivi. Il progetto, però, gli sfuggirà di mano e da quel momento inizieranno guai seri. Iperbolico viaggio nella mente dell’anonimo protagonista, prototipo dell’essere alienato che serve a Fincher per scagliare il suo strale verso la società consumistica e alla deriva. Un cult generazionale che non ci stancheremo mai di vedere.
“Troy”(2004), di Wolfgang Petersen
Il film di Wolfgang Petersen quando uscì nelle sale, ormai 14 anni fa, riscosse un un successo colossale in tutto il mondo. La pellicola narra, in modo molto libero e con molte "licenze registiche, le vicende raccontate da Omero nell'Iliade, dal rapimento di Elena (Diane Kruger), alla guerra di Troia fino alle avventure di Achille (Brad Pitt), Ettore (Eric Bana) e Paride (Orlando Bloom). Il film fu presentato anche fuori concorso al 57° Festival di Cannes, dove fu bersagliato dai critici per le tante incongruenze con la grande e storica opera di Omero. Il pubblico, però, non fece assolutamente caso alle recensioni, portando gli incassi di “Troy” a 497 milioni di dollari.
“Bastardi senza gloria”(2009), di Quentin Tarantino
Nel 1944, il tenente Aldo Raine mette su una squadra speciale di 8 soldati americani ed ebrei, detti “I Bastardi”, che si recheranno in Europa, poco prima dello sbarco in Normandia, per eliminare ogni soldato nazista che gli capiterà a tiro. Col passare del tempo, le loro “gesta” arriveranno anche all’orecchio di Hitler e i Bastardi si troveranno a collaborare con l’attrice Bridget Von Hammersmark (Diane Kruger), una spia degli Alleati, per tendere una trappola ed uccidere i leader del Terzo Reich con un colpo unico e pianificato nei minimi particolari. Quentin Tarantino da sfogo a tutta la sua follia con un film con dialoghi sferzanti, scene crudissime, un ritmo che non lascia scampo e un finale unico. Il tenente Raine di Pitt è uno dei ruoli più belli, complessi e articolati della sua carriera, così come quello del colonnello Hans Landa, vero “bastardo” del film, che regalerà a Christoph Waltz l’Oscar come Miglior attore non protagonista.
“L’arte di vincere”(2011), di Bennett Miller
Il film di Miller è basato sul libro “Moneyball: The Art Of Winnin an Unfair Game”, di Michael Lewis e racconta la storia di Billy Beane (Brad Pitt), ex giocatore degli Oakland Athletics, divenuto poi general manager della squadra, adesso in pessime condizioni economiche. L’uomo, un giorno, incontra il giovane laureato di Yale Peter Brand (Jonah Hill) e con lui elaborerà un metodo rivoluzionario ed efficace, fatto di modelli matematici e statistici, per scegliere i giocatori da acquistare e inserire nella rosa da schierare in campo. Tutto ciò rivoluzionerà il mondo del baseball. Un piccolo gioiellino sul mondo dello sport unito alle statistiche, trascinante e catalizzante, con un Brad Pitt ancora una volta istrione adattabile a mille ruoli diversi e un Jonah Hill laureato ma anche molto comico. La pellicola riuscì a portare a casa 6 nomination agli Oscar, tra cui anche quelle al Miglior attore protagonista e non protagonista alle due star.
“Fury”(2014), di David Ayer
Ayer ci riporta all’aprile 1945. Mentre gli alleati sferrano l’attacco decisivo in Europa, il sergente dell'esercito americano Don Collier (Brad Pitt), da tutti chiamato “Wardaddy”, guida un’unità di cinque soldati in una missione mortale dietro le linee nemiche a bordo di un carro armato Sherman – chiamato “Fury”. Una missione temeraria ed eroica nel cuore della Germania nazista, ormai al collasso. In inferiorità numerica, disarmati e con una recluta giovane e inesperta nel plotone, Wardaddy e i suoi uomini dovranno ricorrere a tutto il proprio coraggio e alla propria arguzia per sopravvivere agli orrori della guerra. Gli uomini dovranno ricorrere a tutto il proprio coraggio per sopravvivere agli orrori della guerra. “Fury” è assolutamente da annoverare nella classifica dei film di guerra più belli di sempre, grazie alla cruda realtà raccontata con una potenza visiva dall’impatto devastante.