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Intervista a Mario Martone per Qui rido io: “Scarpetta, uno sciamano ferito dal suo pubblico”

Qui rido io sale nelle classifiche del box office nazionale e si tiene stretto il podio dopo solo un weekend di proiezioni. Capolavoro di Mario Martone sulla vita di Eduardo Scarpetta, interpretato da un magistrale Toni Servillo, il film è l’affresco audace e pungente della vita di uno dei più grandi maestri del teatro napoletano di inizio 900. Mario Martone nella redazione di Fanpage.it ha spiegato e definito i contorni di questo Felice Sciosciammocca: “La cosa che mi affascinava di lui era questo aspetto mitologico, questo padre-caos da cui viene generato tanto talento, se non addirittura del genio, come nel caso del figlio Eduardo De Filippo”.
A cura di Eleonora D'Amore
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Con quasi 50mila presenze in sala, Qui rido io sale nelle classifiche del box office nazionale e si tiene stretto il podio dopo solo un weekend di proiezioni. Capolavoro di Mario Martone sulla vita di Eduardo Scarpetta, interpretato da un magistrale Toni Servillo, il film è l'affresco audace e pungente di uno dei più grandi maestri del teatro napoletano di inizio 900. Artista poliedrico e uomo prismatico, Scarpetta emerge come capocomico arrogante, padre-padrone, senza scrupoli nemmeno con i figli e figliastri, ai quali ruba i sentimenti e la scena ogni volta che ne ha occasione.

Nel cast, tre grandi figure femminili: Maria Nazionale (Rosa De Filippo), Cristiana Dell'Anna (Luisa De Filippo) e Chiara Baffi ("Nennella" De Filippo). Nucleo unico dal quale si propagano le varie generazioni di Scarpetta/De Filippo, con un padre che è ‘papà' solo per i tre figli di Rosa (Maria, Vincenzo e Domenico) mentre per gli altri è semplicemente ‘zio'. Intervistato nella redazione di Fanpage.it, Mario Martone ha scambiato qualche suggestione sul film appena visto in anteprima al cinema Modernissimo di Napoli, città a lui particolarmente cara.

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Qui rido io sta popolando le sale dopo essere stato accolto con successo a Venezia e Napoli. Com'è stata questa festa itinerante?

Bellissima perché è stato difficile realizzare questo film. Fatto a cavallo con il lockdown, non ci ha reso la vita facile. Vederlo accolto con tutto questo calore ci ha restituito un grande respiro.

Parla di una storia d'amore intensa, quella di Scarpetta con il suo pubblico.

Sì, Scarpetta viveva per il suo pubblico, quasi fosse uno sciamano, un mago, sapeva quali corde toccare, lo conosceva dal punto di vista sociale. Nel film si racconta anche del momento in cui il pubblico gli volta le spalle, procurandogli la prima vera ferita d'amore.

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Non gli fu perdonato di aver dissacrato un testo di D'Annunzio con la parodia. C'è un richiamo voluto all'attuale dibattito sul politicamente corretto?

Certamente viviamo in un tempo in cui con la parodia e le parole bisogna fare attenzione. Vedo tutto ciò che non è bello e in parte soffocante di questa situazione, ma vedo anche la necessità di una ‘moderazione' per quanto riguarda la condizione delle donne o il razzismo imperante. Bisognerebbe prendere distanza e guardare dal di fuori, rendendosi davvero conto di un insieme complesso. Qui rido io parla di parodia, di libertà estreme che Scarpetta si prende da tutti i punti di vista, quindi ha un'aderenza con la libertà assoluta posta al centro del dibattito attuale.

E si racconta di "quanta vita è fatto il teatro e di quanto teatro è fatta la vita". Com'è riuscito a confondere così bene i piani di finzione e realtà?

Il film è scritto come una commedia, impostato e diretto per far sì che le scene fossero tutti palcoscenici, perché dovunque si mette in scena una recita. Del resto, basta pensare alla recita essenziale e dolorosa per i bambini, che devono chiamare ‘zio' il loro padre naturale. Se non è recita questa.

Alla fine emerge la figura di un capocomico arrogante e padre padrone, capace però di reggere gli equilibri di una famiglia allargata e problematica, soprattutto dal punto di vista economico. Si tratta di un eroe o un antieroe? 

È una figura prismatica, in generale scrivo sempre personaggi con più facce e chiaramente Scarpetta è un caso estremo di essere umano. La cosa che mi affascinava di lui era questo aspetto primordiale, quasi mitologico, questo padre-caos da cui viene generato tanto talento, se non addirittura del genio, come nel caso del figlio Eduardo De Filippo.

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Meravigliosa la figura della moglie Rosa De Filippo, interpretata da Maria Nazionale. In un passaggio, lei dice che, data la misera storia della sua vita, non ha mai conosciuto ‘lo scuorno'. La vergogna si traduce così in un lusso? 

È vero, com'è vero che se c'è della follia nel fatto che Scarpetta faccia figli con la moglie, con la sorella e con la nipote della moglie, è pur vero che compatta questa famiglia, considerando che ha fatto studiare le figlie femmine come i figli maschi. C'è tanto dolore, tanta compassione ma anche tanto orgoglio, perciò ‘o scuorno dint'a sta casa nun sapimme che d'è'.

 Eduardo Scarpetta, che interpreta il figlio Vincenzo, è il trisnipote del primo Scarpetta. Cosa ha significato avere un pezzo di famiglia nel cast?

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Se avessi saputo che mi avresti fatto questa domanda, avrei portato un oggetto che avrebbe potuto rispondere al posto mio. Io ho lavorato con il papà di Eduardo, Mario Scarpetta, che volli fortemente per I dieci comandamenti di Viviani. Al tempo, stringemmo molto e lui mi regalò due cimeli di famiglia. Quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura di Qui rido io e sono andato a rivederli, mi sono accorto che erano il copione originale del Figlio di Iorio e libro di sala, che è quello che ti avrei portato volentieri. Questo per dire che è stato una specie di messaggio nella bottiglia, arrivato fino al figlio nel cast.

Ma c'è anche un altro Eduardo (De Filippo nel film, ndr) che risulta fondamentale ai fini della narrazione: l'occhio che osserva tutto in un angolo e, sempre silente, si pone come unica mente giudicante di questa complicata carovana familiare. Parliamo di Alessandro Manna. 

Bisogna pensare che Eduardo per tutta la vita non ha mai voluto parlare di Scarpetta come padre, solo come drammaturgo, portandolo anche in scena e dimostrandogli così tutta la sua riconoscenza, una sorta di venerazione artistica. La sua posizione è sempre stata silente, ecco perché l'ho raccontata così e avevo bisogno di un ragazzo come Alessandro Manna, i cui occhi e la cui intelligenza ci dicesse qualcosa del grande Eduardo, di quest'uomo che sapeva guardare.

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Prossimo progetto cinematografico è Nostalgia con Pierfrancesco Favino, tratto dall'omonimo romanzo di Ermanno Rea. Ha appena iniziato a girare a Napoli al Rione Sanità, giusto?

Sì, Favino, Francesco Di Leva e Tommaso Ragno. Abbiamo scritto la sceneggiatura durante il lockdown con Ippolita Di Maio (sceneggiatrice e moglie, ndr), quindi è chiaro che i due film si sono accavallati come in una dissolvenza incrociata. Un grande impegno, molto bello però.

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