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John Travolta: “Mai un grazie da Richard Gere, ha avuto successo coi film che io ho rifiutato”

Ospite alla Festa del cinema di Roma, l’attore ha ripercorso la sua carriera ricordando ben quattro ruoli rifiutati per diverse ragioni, poi andati al collega Gere, che proprio su quelle parti ha costruito la sua carriera. “Mai un grazie da lui!”, ha commentato Travolta, che ha inoltre svelato di aver involontariamente bloccato la carriera di Terrence Malick.
A cura di Valeria Morini
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"Richard Gere ha avuto successo grazie ai film che ho rifiutato": è l'ironica constatazione di John Travolta, super ospite alla Festa del cinema di Roma e protagonista di un Incontro Ravvicinato con il pubblico. L'attore di "Grease" e "Pulp Fiction" è la grande star tra i tanti volti che stanno calcando in questi giorni il red carpet dell'Auditorium (e ha approfittato del viaggio in Italia per regalare un'intervista tv da Fabio Fazio). Ha presentato il suo nuovo film "The Fanatic", ma le sue dichiarazioni più interessanti sono state quelle sul grazie mai avuto da Gere e sulla delusione provocata nel regista Terrence Malick.

Travolta rifiutò Ufficiale e gentiluomo, American Gigolò e Chicago

Sono ben 4 i ruoli rifiutati da Travolta, andati poi a Richard Gere. Quasi tutti rivelatisi fondamentali per la carriera del collega. Il primo è "Ufficiale e gentiluomo". L'attore italo-americano rifiutò la parte del seducente Zack Mayo perché in quel periodo stava prendendo il brevetto da pilota: "Rifiutai il ruolo da protagonista perché avevo programmato l’esame e non volevo assolutamente rinunciarvi”. Curiosamente, anche l'altro cult che lanciò Gere, "American Gigolo", venne inizialmente proposto a Travolta: "Ma avevo avuto disaccordi con Paul Schrader".  Così, mentre la fortuna del primo decollava, il secondo viveva un decennio – gli anni 80 – colmo di delusioni e flop dopo il grande lancio ottenuto grazie e "La febbre del sabato sera" e "Grease". Travolta si sarebbe ripreso nel 1994 con "Pulp Fiction", ma più avanti, a inizio anni 2000, rifiutò un'altra parte che avrebbe potuto ugualmente segnare la sua carriera: quella del'avvocato senza scrupoli di "Chicago". Ironia della sorte, anche in quel caso toccò a Gere.

Un giorno sono andato a vedere la pièce teatrale di questo film e non mi è piaciuto perché le donne odiavano molto gli uomini. Anziché richiedere un incontro con la produzione, con gli sceneggiatori e il resto del cast tecnico ho detto di ‘no’ senza pensare. Poi ho visto il film e non era come lo spettacolo teatrale. Mi sono reso conto che c’era molto più cuore, più sentimento ed ho capito perché le donne ce l’avessero tanto con gli uomini.

Quando Travolta e Hollywood spezzarono il cuore a Malick

"Richard Gere non mi ha mai ringraziato", ha commentato in modo beffardo Travolta, che rifiutò un altro ruolo poi passato al collega: quello del protagonista di "I giorni del cielo" di Terrence Malick, meno fortunato al botteghino dei titoli succitati ma certamente cult e fondamentale nella storia del cinema americano. Pare che il ritroso regista americano abbia preso male il suo diniego, tanto da non fare più film per molto tempo.

La premessa è che Terrence è l’uomo al 100% più sensibile che abbia mai incontrato. Quando mi ha offerto il ruolo da protagonista ne I giorni del cielo non ho purtroppo potuto accettare per ragioni contrattuali. Malick l’ha presa male ma io non immaginavo al punto da non fare più film per 17 anni. Mi sono arrivati rumors che io fossi alla base di quel blocco artistico, e quando mi ha richiamato per La sottile linea rossa nel 1998 gliene ho chiesta conferma. Lui mi ha risposto che il rifiuto di Hollywood a lasciarmi recitare per lui in un film che riteneva così importante l’aveva ferito, gli aveva letteralmente spezzato il cuore, perché io rientravo nella sua vision rispetto a quel film. Quella sua conferma ha spezzato anche il mio di cuore.

Su Tarantino e Pulp Fiction

A Roma, che ha raggiunto pilotando il suo aereo, Travolta ha anche parlato del suo film iconico, "Pulp Fiction" e del suo apprto personale all'iconografia del suo antieroe Vincent Vega: "All’inizio Quentin non era d’accordo sul fatto che il personaggio avesse i capelli lunghi, ma abbiamo fatto una prova, mi sono messo un orecchino e continuavo a parlare davanti la macchina da presa agitando la testa e i capelli. Alla fine Tarantino ha trovato che funzionasse perfettamente e mi ha detto: “Va bene, fallo così!”. Nello script c’era scritto che lui era stato diversi anni ad Amsterdam, e io sono stato ad Amsterdam. Ricordo quel viaggio, avevo visto un sacco di capelloni!".

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