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L’America senza speranza di “Out of the Furnace” (RECENSIONE)

In concorso all’ottava edizione del Festival di Roma il drammatico film di Scott Cooper con Christian Bale e Casey Affleck. Classica storia di mancata redenzione in una realtà senza futuro con un cast stellare.
A cura di Daniela Scotto
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In concorso Festival del cinema di Roma 2013, il drammatico film di Scott Cooper con Christian Bale e Casey Affleck.

Indiana, anni ’80. La vita di Russell Baze (Christian Bale) è una road to perdition come ce ne sono di miriadi, lungo quell’America percorsa da chilometri e chilometri di nulla. Difficile tenersi lontano dai guai, ma dopo aver scontato una pena per omicidio, “The slim” è davvero pronto a rifarsi una vita con le migliori intenzioni, ritornando a lavorare in fabbrica, la stessa fabbrica che ha finito suo padre con un tumore, e sposando finalmente la sua fidanzata (Zoe Saldana). E’ piuttosto suo fratello Rodney (Casey Affleck) ad essere sprofondato in un baratro più profondo, quello del post-Iraq, fatto di tormenti e di una rabbia infinita, che lascia esplodere durante gli incontri clandestini di boxe gestiti da uno dei gruppi di criminali più spietati degli Stati Uniti. A poco varranno i tentativi di Russell di strappare Rod via da quella vita di pericolo.

La locandina di "Out of the Furnace"
La locandina di "Out of the Furnace"

“Out of the Furnace” è uno di quei racconti senza speranza, in cui con lucidità e fermezza il protagonista sceglie di perseguire la vendetta personale, di barattare il suo nulla da perdere con quel poco di libertà che gli resta. Non c’è nulla di particolarmente nuovo in una storia del genere, ma come in ogni buon film drammatico americano, si assiste ad interpretazioni toccanti, tra cui come sempre quella di Casey Affleck, la cui cifra folle è ogni volta sorprendente, tanto da tener testa al più consolidato Christian Bale. Nel cast stellare anche altri grandi come Forest Whitaker, William Dafoe, Sam Shepard e il cattivo tra i cattivi Woody Harrelson. Il crescendo di tragedia è sottolineato da immagini e metafore classiche per quel genere e quelle ambientazioni, come il parallelismo tra il sacrificio di un innocente, cioè quello di Rodney, e la preda di una battuta di caccia, uno stambecco nei boschi.

Ma dopo il nulla di nuovo, girato in ogni caso meravigliosamente e quindi godibile non senza una certa soddisfazione, arriva un finale strepitoso che da solo, quando arriverà nelle sale, varrà tutto il costo del biglietto. Avremmo voluto saperne qualcosa in più, ma il film è arrivato a Roma non accompagnato dalla consueta attività stampa. Ci resta quindi nella mente quella caccia all’uomo spietata e fredda, la cui ragione sta tutta nello sguardo di Bale, uno sguardo in cui non c’è traccia di pentimento, dubbio o scrupolo perché una vita intera può concludersi così, sapendo di essere nel torto eppure nel giusto insieme, in un mondo dove il futuro è una speranza troppo dolorosa da coltivare.

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