“La Mafia uccide solo d’estate”, Pif al cinema non è quello della televisione
La prima cosa che viene in mente a consuntivo della visione di "La Mafia Uccide solo d'Estate" è che i trailer siano, molto spesso, più belli dei film. La seconda è che parlare di mafia al cinema, oggi che l'argomento è, a livello superficiale, più battuto di quello meteorelogico nelle conversazioni scaricabarile tra persone, sia un'operazione assai difficile. Inoltre che parlarne in modo originale sia quasi un'impresa da titani. A Pierfrancesco Diliberto, al secolo Pif, va riconosciuto il tentativo di aver cercato una circonlocuzione, un'altra via, per dire che non esistono più le mezze stagioni, ma va pure ammesso che non ci sia riuscito.
I limiti del film si sintetizzano nell'immagine di una confezione succulenta il cui contenuto, più che deludente, risulta distribuito male nella scatola, privo del mordente che ci si sarebbe aspettati. La verità è proprio questa, cioè che l'aspettativa frega il regista siciliano, al suo esordio dietro la macchina da presa. Uno va al cinema aspettandosi quei semi capolavori che Pif serve sul piatto in mezz'ora televisiva (vedere per credere l'intervista a Mtv con Roberto Saviano o il racconto di una Cortina rimasta ai fasti degli anni '80 a tre decadi di distanza), ritrovandosi a dover constatare che sì, l'idea del Forrest Gump siciliano che incrocia "per caso" tutte le malefatte della mafia palermitana sarà anche carina, ma è mancato qualcosa per svilupparla, a occhio e croce parrebbe un problema di sceneggiatura. Manca proprio il caso virgolettato, tutte le vicissitudini di questo bambino cresciuto con l'ossessione del mito per Andreotti sono ovviamente già note (gli omicidi e le stragi la mafia le ha fatte per davvero), la scrittura del film manca della malizia in grado di nasconderti quelle vicissitudini sino all'ultimo, per poi rivelarle.
In televisione Pif ha trovato lo schema perfetto per narrare storie, rappresentare i mondi più disparati. Bisognerebbe capire se al cinema abbia deciso di dismettere temporaneamente i panni del Testimone, o se abbia presunto di poter tradurre efficacemente il linguaggio televisivo in quello cinematografico: in tal caso, è un'operazione non riuscita."La Mafia Uccide Solo d'Estate" è un capolavoro rimasto allo stato potenziale, con un finale bello e commovente tanto da lasciare l'amaro in bocca proprio perché la parte più densa e bella del film, non a caso quella in cui il regista si presenta in una versione più prossima a quella televisiva. Rimanendo convinto che sul piccolo schermo abbia solo da insegnare, mi auguro che la leggera inconsistenza di questo esordio al cinema sia solo un "giovenile errore".