La nostra vita, Daniele Luchetti guarda la nostra realtà
Poco prima di volare a Cannes, Daniele Luchetti ha presentato a Roma il suo nuovo film, La nostra vita, unico film italiano in concorso al festival francese. Un dramma realista che racconta la vita di un operaio poco dopo la morte della moglie e delle strade, anche oscure, scelte per elaborare il lutto e migliorare le proprie condizioni di vita. Un film sul proletariato contemporaneo, ma anche sulla famiglia come cuore della società italiana.
“Ho cercato di evitare i rischi – dichiara Luchetti – che da sempre si corrono parlando di proletariato: o guardandolo dall'alto in basso o strumentalizzandolo politicamente. Io ho voluto raccontare proletari e stranieri solo come persone, al loro livello, cercando di non falsare la tenuta emotiva del film”. infatti la particolarità del film è nell’uso di un realismo che, per il cinema medio italiano pare quasi estremo: partire dalle cose e dalle sensazioni vicine, macchina a mano a braccare i volti degli attori, situazioni e caratteri presi dal vero, con largo uso di non professionisti.
Il film racconta anche il lavoro nero, l’abisso dell’edilizia italiana, l’abitudine italiana di prendere scorciatoie attraverso un personaggio “che fa queste cose con naturalezza perché è un paese che fa queste cose con naturalezza”. E che ha perso la capacità di parlare di sentimenti e cose importanti, delegando tutto al potere dei soldi. “Sono i personaggi stranieri a mettere di fronte gli italiani di fronte alla loro povertà umana, visto che il nostro mondo è tutto incentrato rispetto alla qualità materiale della vita, alla ricchezza, al benessere”. Protagonista del film è Elio Germano, tra i più celebrati attori italiani, capace di mettere in scena “un dolore autentico, fortissimo, spingendo al massimo. Ed è una spinta emotiva che ci si porta dietro per praticamente tutto il film”, chiosa Luchetti (che recentemente si è espresso sulla distribuzione dei film via web), unico presente, visto che il cast è già in partenza per la Croisette. E proprio su questo evento (e sull’assenza del ministro di Bondi per protesta contro Draquila di Sabina Guzzanti) chiude Luchetti: “Andare a Cannes significa festeggiare le politiche culturali altrui, vista la pochezza delle nostre. La Francia è la nazione del cinema, c’è poco da fare: Bondi contro Draquila sembra il titolo di un B-Movie; sono fiero comunque di un paese che può esporre artisti liberi. Un po' meno di ministri che se ne vergognano”.
Emanuele Rauco