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Draquila: Sabina Guzzanti e il terremoto di Berlusconi

Esce oggi nelle sale Draquila, il nuovo duro e inquietante documentario si Sabina Guzzanti sulla ricostruzione dell’Abruzzo.
A cura di Emanuele Rauco
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Sabina guzzanti, regista del documentario Draquila

La città è stata distrutta all’alba. Pare questo il sottotitolo del nuovo documentario di Sabina Guzzanti, che dopo aver scavato dentro sé stessa e il suo intimo nel bellissimo Le ragioni dell’aragosta, scava tra le macerie de L’Aquila dopo il terremoto, raccontando in questo feroce atto d’accusa com’è stata gestita la ricostruzione. Al centro c’è Berlusconi, accusato da Guzzanti di aver usato il terremoto per una campagna propagandistica, ma soprattutto la Protezione Civile, al quale il premier ha concesso immensi poteri nella gestione non solo dei soccorsi, e non solo all’Aquila, allargandosi poi alle speculazione di cui l’ente forse pubblico si è macchiata nell’ultimo anno.

Il film più cupo, inquietante e apocalittico della satira e attrice comica, scritto da lei stessa e girato prendendo le distanze dall’atteggiamento à la Michael Moore di Viva Zapatero per puntare dritta a un reportage in stile Report di Rai 3. Il cuore del film è nelle procedure con cui è stata gestita l’assistenza ai terremotati militarizzando le tendopoli e avvicinando gli atteggiamenti della Protezione civile a quelli di secondini e successivamente nella disinvoltura con cui si è speculato immobiliarmente sulla città, prima costruendo case e alberghi sulla costa e fuori urbe e poi impedendo ai cittadini di abitare le case reputate abitabili. Guzzanti però apre il suo sguardo, allarga l’interesse e l’analisi e racconta della corruzione nel paese, del decadimento legale e morale di una nazione che vive di decreti ad hoc (per non dire ad personam), leggi forzate, rapporti tra Vaticano e imprenditoria (tra cui anche l'attore Lorenzo Balducci, figlio dell'inquisito Angelo, oggi nelle sale con Due vite per caso di Aronadio) e dell’assenza di una classe dirigente, come nell’immagine angosciante di una tenda dell’opposizione sempre vuota e abbandonata durante tutto l’anno.

Guzzanti, che presenterà il film al Festival di Cannes, racconta la militarizzazione economica di una città come avanguardia per una precisa idea di nazione e se la sua fiducia nelle istituzione pare far filtrare  un po’ di speranza, la frase finale fa rientrare il film nel suo limbo di orrore e dolore, che può rendere il film di difficile digestione. E comunque piuttosto rigoroso, senza troppe sbavature ilari o colpi bassi allo spettatore. Certo, è un film fazioso, ma qualche nella vita bisogna capire da che parte stare.

Emanuele Rauco

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