La notte brucia, la violenza delle province nel corto con Abel Ferrara e Marcello Fonte
La notte brucia, presentato nella sezione International Shorts della 39°edizione del Festival di Torino, è il secondo cortometraggio di Angelica Gallo. Ispirato a fatti di cronaca realmente accaduti in Italia, il corto racconta la storia di Massimo e dei suoi amici ventenni, ragazzi di provincia senza un presente e men che meno un futuro, che impiegano il loro tempo nell'uso di sostanze stupefacenti e a derubare coetanei in discoteca con lo spray al peperoncino. Mossi dal desiderio di guadagnare senza impegno e trovare una collocazione nel mondo, capiranno man mano che la smania di protagonismo come moderni villain è quella che li spinge a cercare una riconoscibilità in una società che li ignora.
Il cast del corto La notte brucia
I tre giovani attori quasi tutti esordienti hanno potuto beneficiare di un cast di registi e attori conosciuti dal grande pubblico e premiati dalla critica e dai festival internazionali, tra i quali Abel Ferrara, Marcello Fonte e Aniello Arena. Prodotto da Angelika Film Productions in collaborazione con Guendalina Folador, production manager della società Archimede di Matteo Garrone, La notte brucia è il primo film distribuito dal giovane brand Son of a Pitch.
Angelica Gallo: "Le province violente senza cultura né futuro"
La regista ha spiegato come le dinamiche relazionali tra i protagonisti diventano tossiche a tal punto da essere disciplinate solo dalla sete di soldi, in assenza di qualsiasi riferimento, sia affettivo che culturale: "Max, Antonio e Hamza, sono tre ragazzi qualunque, figli di un’Italia carburata con cocaina a basso prezzo e fake news su facebook, dove le piccole province diventano violente senza apparente ragione. I giovani privi di prospettive e di cultura non sono solidali tra loro, non hanno voglia di reagire, di ribellarsi, anche perché senza strumenti non si sa bene perché e contro chi. E allora l’unico dio a cui votarsi è il denaro fine a se stesso, completamente svincolato da cosa si è fatto per ottenerlo. Non esiste nessuna cultura del lavoro, perché non esiste nessuna cultura: esistono i brand delle case di moda, i profili Instagram delle star e delle influencer, quelli sì. Ma il luogo comune del laureato che poi finisce a fare lo spazzino permea la società. E allora persino i genitori che lavorano tutto il giorno onestamente per mille euro si trasformano in falliti, non ci può essere orgoglio per loro, figuriamoci la pietà".