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“La Trattativa”, Caselli protesta: “Il film della Guzzanti è offensivo”

L’ex procuratore, per 7 anni a Palermo negli anni successivi alle morti di Falcone e Borsellino, contesta “la tecnica da cabaret” con la quale la Guzzanti descrive una pagina grave e oscura di quel periodo storico. E difende il suo lavoro.
A cura di Andrea Parrella
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Archiviato il capitolo della 71esima edizione del festival del Cinema di Venezia con la vittoria del norvegese Andersson, restano i film presentati e il parere che quest', in settimana, hanno scaturito, in telespettatori e addetti ai lavori. Il più discusso, prima e dopo la proiezione, è stato certamente quello di Sabina Guzzanti, che arrivava al Lido pronto a raccontare con l'abituale filtro cinico e comico della regista, uno dei frangenti storici più complessi e controversi degli ultimi decenni italiani, ovvero quello della cosiddetta trattativa Stato-Mafia. Il film, intitolato proprio "La Trattativa" (ecco la scheda e il trailer), è stato presentato pochi giorni fa ed ha subito scaturito numerose polemiche, che si uniscono in coro a quelle giunte dopo la proiezione di "Belluscone", film di Franco Maresco presentato a Venezia, che raccontava del presunto legame stretto tra Berlusconi e la mafia siciliana. Il film ha portato addirittura esponenti di Forza Italia a chiederne il sequestro. 

Ma tornando a "La Trattativa", pare che la pellicola non abbia fatto assolutamente sorridere (il sorriso, visto l'argomento, non potrebbe che essere amaro) uno dei protagonisti della vicenda, ovvero l'allora procuratore capo di Palermo Giancarlo Caselli, ex magistrato antimafia. In una lettera indirizzata al direttore del Fatto Quotidiano Antonio Padellaro infatti, Caselli ha bollato il film con aggettivi non proprio encomiabili, concentrandosi sulla maniera di racconto utilizzata, a detta sua "da cabaret", per narrare i fatti subito successivi alle stragi di Capaci e Via D'Amelio (come ad esempio la scelta di non perquisire subito il covo di Totò Riina dopo averlo individuato. Ecco la lettera integrale:

Gentile Direttore: vi sono alcune considerazioni, a margine del film La trattativa di Sabina Guzzanti, presentato a Venezia e ieri alla festa del Fatto, che ritengo necessario fare. Dopo le stragi mafiose del 1992 ho chiesto – per dovere e spirito di servizio – di essere trasferito dalla “comoda” Torino aPalermo, ancora insanguinata e sconvolta dall’assassinio di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e di quanti erano con loro a Capaci e in via D’Amelio. E’ cominciata così una difficile e rischiosa esperienza di quasi 7 anni a capo della travagliata Procura di quella città. Raccontare con tecnica da “cabaret” la pagina grave e oscura della mancata sorveglianza (certamente non addebitabile alla Procura) e della conseguente mancata perquisizione del “covo” di Riina è offensivo e non può cancellare né far dimenticare gli importanti positivi risultati ottenuti in quei 7 anni di duro e pericoloso lavoro dagli Uffici giudiziari palermitani, in stretta e preziosa collaborazione con le forze di Polizia. Un mare di arresti, pentimenti, processi e condanne (650 ergastoli!); sequestri di arsenali di armi micidiali e di patrimoni illeciti (per 10 mila miliardi di vecchie lire); processi anche a imputati “eccellenti” collusi con la mafia (Contrada , Andreotti e Dell’Utri fra gli altri): questa la sintesi del bilancio di 7 anni, cui deve aggiungersi l’acquisizione della prima e decisivaconfessione di uno degli autori materiali della strage di Capaci, Santino Di Matteo, resa – su sua richiesta – proprio al sottoscritto. Questi risultati – ottenuti superando difficoltà e ostacoli a volte incredibili – hanno contribuito fortemente a salvare la democrazia italiana dal tracollo che le stragi mafiose volevano e sembravano aver reso inevitabile (“E’ tutto finito; non c’è più niente da fare”: sono le parole di Nino Caponnetto al funerale di Borsellino che nessuno può scordare…). Non tenere conto anche di questo incontestabile dato di fatto, limitandosi a un piglio di dileggio gratuito, equivale a rendere un pessimo servizio alla rigorosa e completa ricostruzione di quanto realmente accaduto che l’autrice del film ritiene essere rigorosa e completa. Grazie per avermi ospitato, consentendomi di scrivereparole semplici ma dovute: per rispetto alla verità, alla mia famiglia e a tutti coloro che a vario titolo (magistratura, amministrazione, polizia giudiziaria, cittadini) hanno fatto con me, condividendo tanti sacrifici, un pezzo di strada che, senza falsa modestia, possiamo rivendicare con orgoglio.

Sabina Guzzanti ha prontamento pubblicato sul suo blog una risposta parziale, annunciando che domani sarà pubblicata la sua replica a Caselli: "Vi scrivo finalmente a casa dopo Venezia. Siamo stati i più applauditi del festival e in un giorno e mezzo il film è stato visto da quasi cinquemila persone. Mia zia mi ha chiamato triste, perché non ho vinto, ma non eravamo in una sezione che prevedeva premi. Fra poco vi chiederò tutto il vostro aiuto per promuovere questo film. Di cose da raccontare ce ne sono tante e nei prossimi giorni pubblicheremo materiale video e foto per condividere un’esperienza che è andata bene ogni aspettativa. intanto oggi ho letto che Caselli che pure non ha visto il film, ha scritto una lettera di fuoco al fatto. domani replicherò e martedì sarà pubblicata la mia risposta. l’ho trovata on line rispresa dall’huffington post. mi è dispiaciuto molto perché ho raccontato la storia così come la racconta lui e se ci sono state delle omissioni sono state solo a suo favore, non per partigianeria, ma perché non c’era spazio per le considerazioni che scaturiscono dagli episodi che racconto."

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